God Eater 3 è un buon gioco, ma avrebbe potuto essere molto meglio – Recensione

La saga di Bandai Namco si riconferma sui suoi standard: la recensione di God Eater 3

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Dopo essere stata concepita per seguire le tracce di Monster Hunter, l’hunting game di Bandai Namco si è costruito un’identità tutta sua, certamente fedele e debitrice verso i precetti che hanno decretato la fortuna del brand di Capcom, eppure arroccata, con crescente fermezza, su qualità e caratteristiche parzialmente inedite.

La più lodevole di queste è senza alcun dubbio l’attenzione per la trama, una piacevole abitudine che fortunatamente ritroviamo anche in God Eater 3, capitolo che da questo punto di vista rappresenta l’eccellenza della serie. Ambientato diversi anni dopo la conclusione del capitolo precedente, pone il videogiocatore nei panni dell’ennesimo God Eater inizialmente privo di nome e volto, naturalmente editabile tramite il menù apposito, che si aggregherà ad un gruppo di giovani eroi che faranno di tutto per salvaguardare l’incolumità del genere umano dalla minaccia degli Aragami, gigantesche bestie belligeranti, la cui comparsa sulla Terra, ormai molto tempo addietro, ha causato l’estinzione di buona parte delle forme di vita presenti sul pianeta.

A dispetto del prequel, la situazione è ulteriormente peggiorata. I microrganismi che hanno causato l’ascesa degli Aragami, modificando il DNA di animali e non, si sono organizzati in tempeste mortali che inghiottono qualsiasi cosa si frapponga sul loro cammino. Gli Approdi, ultime roccaforti in cui si sono rintanati gli umani, devono fronteggiare questa ulteriore minaccia, a cui si aggiungono altri mostri, potenziati di parte delle abilità di cui godono i God Eater, guerrieri dotati di poteri speciali recentemente ridotti a schiavi, carne da macello da mandare allo sbaraglio pur di garantire l’incolumità dell’Approdo di riferimento.

[caption id="attachment_193183" align="aligncenter" width="1000"]God Eater 3 screenshot Tra una missione e l’altra potrete dialogare con gli altri personaggi, gestire l’equipaggiamento, scoprire quali nuove missioni, tra facoltative e non, vi attendono.[/caption]

Da questa iniziale condizione di prigionia, il nostro e i suoi amici guadagneranno una sostanziale libertà, ponendosi il duplice obiettivo di costruire una base operativa propria e, ovviamente, liberare una volta per tutte l’umanità dal giogo degli Aragami.

Come suggerito, il plot di God Eater 3 è appassionante ed interessante. Mai prolissa, la trama vanta una sceneggiatura ben ritmata, puntellata da una lunga serie di personaggi che, pur rifacendosi a stilemi e topoi piuttosto classici, hanno il grande merito di non essere mai stucchevoli, ripetitivi, patetici. Grazie ad un corposo codex, consultabile tramite uno specifico menù, viene a comporsi un mondo immaginifico coerente, affascinante, a suo modo originale." God Eater 3 non cambia di una virgola la formula già utilizzata dai predecessori, preoccupandosi unicamente di approfondire il combat system"

La vicenda dei giovani God Eater protagonisti dell’avventura, insomma, è stuzzicante dall’inizio alla fine, un viaggio appassionante e comprensibile anche ai neofiti, grazie alle tante informazioni elargite, sinteticamente e senza fronzoli, dalla lunga lista di testi che spiegano ottimamente le premesse narrative su cui si fonda la saga.

A ben vedere, per quanto concerne il gameplay, God Eater 3 non cambia di una virgola la formula già utilizzata dai predecessori, preoccupandosi unicamente di approfondire, come mai prima d’ora, il combat system, autentica scatola cinese di abilità, potenziamenti, bonus passivi e item da equipaggiare.

Ogni voce del menù che gestisce il proprio personaggio si biforca ulteriormente in un’altra schermata che permette di prolungare ulteriormente la lista di power-up in possesso del nostro, in un circolo virtuoso, che manderà in brodo di giuggiole gli amanti dei giochi di ruolo, ma che purtroppo non si concretizza del tutto una volta in battaglia.

Sbloccare nuove tecniche, creare o potenziare le moltissime armi messe a disposizione regala soddisfazioni a profusione. Scoprire che ogni abilità può essere progressivamente potenziata, nonostante il proprio personaggio non progredisca di livello in livello, accorgersi che ogni lama può contare su ulteriori effetti offensivi e difensivi, creare proiettili per il fucile dotati di capacità uniche, sono tutte operazioni che stuzzicheranno il palato degli appassionati alle statistiche, di chi vive di allineamenti elementali e loadout che si adattano alle condizioni imposte dalla battaglia.

Da questo punto di vista, God Eater 3 è un RPG complesso, sfaccettato, profondissimo. Considerando anche il Burst, ulteriore potenziamento che si attiva colpendo con una particolare tecnica gli Aragami, e la sincronia che si attiva tra gli alleati, combattendo letteralmente al loro fianco, anche il combat system è virtualmente stratificato e quanto mai difficile da domare (e comprendere) nella sua totalità.

Tuttavia, questa enorme sottostruttura ruolistica, non si sposa ottimamente con l’immediatezza incentivata dal gameplay. Nonostante tante icone, mosse attivabili, tecniche al quale rifarsi in qualsiasi momento, God Eater 3 è alla prova dei fatti un action mai troppo intransigente, né talmente puntiglioso da costringere i videogiocatori ad ampliare il ventaglio di strategie comunemente utilizzate.

Se con gli Aragami più deboli il button mashing è sufficiente per avere la meglio, con quelli più coriacei, boss in testa, per avere la meglio non serve far altro che attendere il momento migliore per colpire, tenendosi inizialmente a debita distanza. Nessuno scontro, ma a ben vedere nessuna missione, ha un ampio respiro, né rappresenta una sfida che si protrae per più di una manciata di minuti.

[caption id="attachment_193184" align="aligncenter" width="1000"]God Eater 3 screenshot Esistono diverse tipologie di armi, tra martelli, spade e lance, ma ognuna di esse ha la possibilità di tramutarsi istantaneamente in un’arma da fuoco, per colpire dalla distanza, o in uno scudo, per limitare i danni delle offensive nemiche.[/caption]

Se da una parte ne giova il ritmo, dall’altra, come suggerito, ne soffre l’anima ruolistica del gioco, utile fintantoché si equipaggia l’arma più forte, ma mai troppo esplorata, vista la relativa facilità con cui si ha la meglio, quando si tratta di andare per il sottile, gestendo gli aspetti più raffinati del proprio personaggio.

Giocando in multiplayer, se possibile, questo paradosso viene ulteriormente esasperato. Garantirsi il supporto di un personaggio in grado di curare il gruppo è fondamentale, certo, ma il più delle volte la battaglia si riduce ad un attacco congiunto a testa bassa, che di tattico ha ben poco.

God Eater 3, a scanso di equivoci, è divertente anche per questo. Non scimmiotta pateticamente Monster Hunter, né si insinua nello stesso sentiero di Dark Souls, proponendo un livello di difficoltà esorbitante. Bisogna evitare gli attacchi più potenti degli Aragami e senza un minimo di preparazione e gestione dell’equipaggiamento, si ha vita breve. Eppure trionfa l’immediatezza, un pizzico di button mashing, l’offensiva poco ragionata. Uno stile certamente apprezzabile, persino condivisibile, ma che cozza con la profonda anima RPG che il gioco pur sviluppa e propone.

Con un po’ di più personalità God Eater 3 avrebbe potuto aspirare a risultati ben più lodevoli, tanto più che anche graficamente siamo di fronte ad un ottimo prodotto. Allo stato attuale, ci dobbiamo “accontentare” di un buon gioco, divertente e longevo, che funziona sia in singolo che online, ma che non incanta, né lascia il segno.

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