Gloria!, la recensione - Berlinale 2024

Non importa che Gloria sia pieno di anacronismi, che promuova un'idea sempliciotta e finisca in modi implausibili, perché è sentito e sincero

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione del film di Margherita Vicario Gloria!, presentato in concorso al festival di Berlino

L’equivoco più nocivo per Gloria! è il fatto che sia stato preso in concorso a un grande festival europeo. La cosa farà bene al film ma può fuorviare gli spettatori, perché Gloria!, nonostante un tipo di messa in scena, di look e di tempi da cinema d’autore, in realtà è una storia molto pop dotata della giusta ingenuità per raccontare con estremismi e tinte forti di ragazze ribelli che inseguono passioni in un mondo che mira a reprimerle. Siamo nell’800 e le protagoniste sono orfane impiegate come orchestrali dall’orfanotrofio stesso. Peggio di loro però sta Teresa, serva dell'orfanotrofio, che con un pugno di buone trovate di regia fin dall’inizio capiamo avere un intuito musicale fuori dal comune.

Le ragazze con Teresa (inizialmente trattata come una subalterna) si vedono di notte intorno a un oggetto nuovo che nessuno capisce come usare e che per questo è stato messo via, un pianoforte. Cantano, compongono, suonano e con anacronismi gustosissimi creano la musica pop moderna, tutto in attesa che il papa venga nel loro orfanotrofio per un concerto. Non ci sono dubbi che il rapporto tra musica e immagini sia la cosa migliore del film, è inventivo e anche dove non lo è realmente manifesta un concreto desiderio di esserlo. Questo condisce con un senso di spensieratezza adolescenziale anche la riottosità ottocentesca (ma moderna nell’attuazione) delle protagoniste.

Nonostante infatti il film sia tutto giusto dal punto di vista della ricostruzione, non nasconde mai di non avere grandi riguardi per la precisione storica, e di preferirgli atteggiamenti moderni e riferimenti all’oggi. Va tutto benissimo, Gloria! (prodotto da Tempesta Film, gli stessi dei film di Alice Rohrwacher) è un film vivace anche quando (spesso) è convenzionale, è formulaico e interpreta le sue convenzioni e le sue formule bene. Come va fatto. Del film giovanile ha anche delle ingenue partecipazioni speciali che proprio non funzionano (Elio e Paolo Rossi). Vista però anche l’autrice (Margherita Vicario) è un film con grande attenzione alle musiche, che funzionano e si sposano benissimo con l’obiettivo ultimo di tutta questa impresa.

Al di là del contesto da Candy Candy, al di là del facile riferimento dall’essere moderne delle ragazze (tanto quanto lo è quello strumento che solo loro sembrano capire e che diventa la loro lingua), questo film che solo 20 anni fa in un’epoca in cui ancora il dramma era un genere mainstream sarebbe stato un oggetto pop di largo consumo (e magari ci sarebbe stata anche una morte dentro), vuole fare un’ode alla musica pop. Nel film sono le canzoni moderne, contrapposte alla musica classica imposta alle ragazze, la maniera per potersi esprimere. Sono le canzoni e non la classica ciò che può consolare, spiegare e esternare i sentimenti. Non c’è niente di meno vero, ma non importa. Come non importa un finale totalmente implausibile. E non importa perché Gloria! è sincero e sentito, quello che dice e i suoi fatti possono essere falsi, ma le intenzioni sono sempre reali. Che la forma sia il teen movie in costume, ancora una volta, non importa.

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