Gli Ultimi saranno Ultimi, la recensione

Al quarto film Massimiliano Bruno sembra aver delineato un proprio stile e un proprio immaginario. Gli Ultimi Saranno Ultimi è la sua opera più completa

Critico e giornalista cinematografico


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A partire da Nessuno mi può giudicare, Massimiliano Bruno ha cominciato a cercare di muoversi dal terreno della commedia disimpegnata (lo stesso che aveva alimentato per anni come sceneggiatore) per approdare ad uno in cui riuscire a trattare anche il dramma. Viva l’Italia è stato in questo senso un tentativo fallimentare per eccesso di bile, Confusi e felici una follia pura e semplice che Gli ultimi saranno gli ultimi fa venir voglia di dimenticare. Questo suo ultimo film infatti è quello che più di tutti somiglia ad un tentativo centrato, quello che meglio di altri sembra indirizzato sui binari più giusti e che lascia intravedere la parte migliore delle idee di Bruno, uno stile personale e una capacità di creare delle immagini che sorreggano la sceneggiatura.

Non solo infatti Gli ultimi saranno ultimi è molto ben dialogato, con un ritmo e un’onestà nel mettere in bocca lessico e dialoghi umani ad attori di contorno ottimi, ma trova anche delle inaspettate dolcezze e sottili delicatezze nelle parti più difficili, quelle tra le due star protagoniste (Gassmann e Cortellesi). Come se non bastasse inoltre la decisione di ambientare tutto ad Anguillara, fuori dai grandi centri, in una provincia che si pone come opposto logico dei piccoli idilli (spesso meridionali) che la commedia italiana recente ama così tanto, dona a tutta la parabola un tono marginale di grande efficace.

Il posto dove vivono i protagonisti di Gli ultimi saranno ultimi è un falso gioiellino di antica architettura, martoriato da tralicci e antenne che ne contaminano l’ambiente, un luogo da cui chi può scappa e in cui invece chi ha dei torti nel suo passato viene spedito. E viene quasi da commuoversi di fronte alla prima immagine del paesaggio, quella in cui un bambino fruga tra i rifiuti con i tralicci di sfondo e impugna una lampada al neon che si illumina pur non essendo attaccata a niente. Viene da piangere non perché sia commovente, quanto perché c’è una commedia italiana che sta creando delle immagini che parlano da sole, che usa gli spazi con coscienza di causa e che ha la testa sulle spalle!

Purtroppo non tutto scorre così liscio e Gli ultimi saranno ultimi a fronte dell’ottima maniera in cui colpisce cerchi e botti per dire quel che gli preme (l’insostenibile rabbia nell’osservare le persone che subiscono e quelle che se ne approfittano), pecca anche di melodrammaticità. Con una trama che di suo gira molto dalle parti del fiammeggiante e un finale duro, Bruno carica ulteriormente a narrazione aggiungendo un prologo che anticipa la fine e punteggiando il racconto di premonizioni e flash forward. Tutto è finalizzato ad accrescere il senso di pathos di un film che invece, viene spontaneo dirlo, avrebbe potuto averne anche senza sottolineature e anticipazioni che suonano ridontanti e un po’ ingenue. La scelta di mettere da parte la sobrietà nello svolgimento della storia impedisce al film di mostrarsi a tutti per quello che è, ovvero un’opera ben scritta e ben recitata che non fa commedia ma usa la commedia per i suoi fini, e addirittura sembra ambire a mettere in scena un immaginario esclusivo, senza usare quello di qualcun altro.

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