Gli Orchi-Dei: Piccolo, la recensione

Abbiamo recensito per voi Piccolo, il primo volume della saga francese Gli Orchi-Dei edita da BAO

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Che strana e interessante lettura, questo Piccolo, primo dei due capitoli che compongono la saga de Gli Orchi-Dei. Arriva direttamente dalla Francia, grazie ai testi di Hubert e ai disegni di Bertrand Gatignol, e racconta la storia dell'ultimo rampollo di una famiglia di grandi nobili. Grandi nel vero senso della parola, dato che sono dei giganti: una stirpe di regnanti dalle dimensioni pantagrueliche che da tempo regnano sugli umani della loro zona.

Un bel giorno, all'improvviso, durante una cena come tante, nasce Piccolo, il protagonista. Partorito dalla regina, una gigantessa, ha più o meno le dimensioni di un normalissimo umano. Un umano come tanti, come quelli che vediamo, nelle prime pagine, servire al colossale re e a tutti i suoi giganteschi commensali il loro pasto. Un pasto come tanti, fatto di carne... umana. I giganti, a quanto pare, sono antropofagi. Non solo: appena vedono Piccolo, tentano di mangiarselo. E quella che era iniziata come una storia apparentemente fiabesca, sin dalle prime pagine, inizia a mostrare il suo vero volto.

Gli Orchi-Dei non è affatto un'avventura da "C'era una volta", ma qualcosa di più oscuro, una fiaba come quelle delle origini, quelle che non avevano affatto un lieto fine e che dovevano servire a mandare a letto i bambini con una paura in più nel cuore, con un'inquietudine strisciante e sottile sotto la pelle. C'è violenza, c'è del sesso, c'è morte, c'è crudeltà in questa storia molto particolare, del tutto inaspettata. C'è un protagonista che dovrebbe essere un gigante, ma che non lo è, che ne porta i geni e la natura malefica, ma decide di ribellarsi a entrambi. Piccolo è odiato dalla sua gente, ma è contemporaneamente la loro unica speranza. Ha una madre spietata eppure amorevole, ha una zia temibile eppure di buon cuore. Potrebbe essere un eroe, ma anche qualcos'altro, di meno rassicurante ma più interessante.

Se è vero che ci sono violenza, sesso e inquietudine, in questo fumetto, nessuno di essi è esibito con cattivo gusto. Piccolo non è una storia horror né splatter, ma qualcosa di meno definibile. La quarta di copertina del volume BAO Publishing gli consegna la definizione di saga gotica, ed è decisamente un'etichetta azzeccata. Perché la sospensione fiabesca rimane intatta durante la lettura, nonostante la nota sinistra che ci risuona costantemente nell'orecchio.

Inoltre, Hubert racconta con il passo delle saghe mitologiche, senza soffermarsi troppo sugli eventi, mostrandoci gli anni che passano molto in fretta, mettendo in scena soltanto le azioni e i fatti principali della vita di Piccolo, dei suoi disfunzionali fratelli, della madre apprensiva e invadente, del tiranno terribile e irraggiungibile che è suo padre. Il che non fa altro che rafforzare la sospensione dell'atmosfera di questa storia.

Hanno una parte fondamentale le matite di Gatignol, anch'esse per nulla banali. Interessante che il disegnatore decida, in una storia naturalmente in tinte di grigio e con tantissimi bianchi e neri, di non cedere mai all'indeterminatezza degli oscuri, del buio. Là dove il nero domina, la linea rimane chiara, perché si usa il bianco per delineare i contorni, per tratteggiare gli oggetti, per dar forma allo spazio e ai personaggi. In questo modo, si crea un immaginario gotico per la storia, ma mai confuso, mai immersivo, mai espressionista. Una soluzione originale, che non capita spessissimo di vedere e che fa di questa saga un prodotto come ce ne sono pochi sugli scaffali delle fumetterie.

Piccolo è un fumetto che sfugge consapevolmente a definizione, trovando una propria via, a metà tra tanti stilemi di genere. Un compromesso tra luce e ombra incarnato dal suo protagonista, figura quasi da tragedia greca, figlio rifiutato che ha però conosciuto eccome l'affetto, erede di un retaggio che rifiuta, ma che pare inseguirlo comunque e che non si capisce se sia davvero, per forza una condanna. Sorprende e lascia con la curiosità, anche grazie a un finale di prima parte per nulla risolto e che rilancia decisamente in previsione del secondo volume. Da provare e da rileggere, per capirlo bene e per farsi davvero un'idea.

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