Gli indesiderabili, la recensione

Dopo I miserabili ci sono Gli indesiderabili, ma sempre di periferia e di conflitto tra chi ha e chi non ha si occupa Lady Lj

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Gli indesiderabili, il film di Ladj Ly in sala in Italia dall'11 luglio

Ladj Ly si muove sempre sul confine rabbioso dello scontro, lo rappresenta e lo vuole raccontare nella sua complessità, ma Gli indesiderabili è molto meno controllato del suo film d’esordio, I miserabili, che costruiva un lento bruciare del conflitto tra polizia e residenti di un quartiere periferico, pieno di persone di seconda generazione, povero e maltrattato, attraverso la miccia di un nuovo arrivato nella pattuglia che solitamente gira in quelle zone, un poliziotto a sua volta di seconda generazione. La storia è stavolta gestita peggio e, soprattutto, è gestito molto peggio il crescendo battagliero dei film di Ladj Ly. Una cosa unisce i due film, però: in I miserabili faceva molto caldo, il caldo che fa impazzire la gente; in Gli indesiderabili fa molto freddo, quel tipo di freddo che può anche uccidere persone buttate fuori dalle loro abitazioni.

La storia è quella di una cittadina in cui il sindaco, a un passo dal fare una mossa importante per il problema dell’alloggio, muore. Per sostituirlo viene scelto un pediatra attivo in politica, pensando che sia facile da manovrare. Il pediatra, invece, si dimostra molto autoritario e applica alla gestione dell’emergenza abitativa e delle proteste di una parte dei cittadini il tipo di atteggiamento massimalista invocato spesso da chi la politica non la fa. Lungo tutto il film gli animi dei residenti in protesta si accendono e si esasperano fino a che un grande palazzo in cui vivono moltissime famiglie di immigrati di prima o seconda generazione viene evacuato per il rischio di crollo, senza che a nessuno sia dato un posto dove stare.

I miserabili aveva un taglio da cinema americano nella gestione del conflitto tra polizia e residenti, e funzionava. Gli indesiderabili invece ha un taglio molto americano proprio nella gestione del concetto di conflitto, cioè la linea di fondo sembra essere che le cose possono davvero cambiare attraverso il duro lavoro, e che gli ideali devono essere costruiti attraverso la determinazione, e solo così potranno dar vita a qualcosa di valido. Il punto debole è però come il film costruisca all’americana anche un approccio che vuole essere complesso e che poi non lo è. Se si considera che questa complessità di visione è uno dei nodi fondamentali si capisce come il film a un certo punto crolli. Non ci sono solo le forze dell’ordine cattive che non hanno cuore, ma anche i residenti esasperati passano facilmente dalla parte del torto. È chiaro che è un modo di sfumare i contorni e mostrare come non tutto sia facile da leggere e non ci siano risposte chiare, ma, messo in quelle mani e trattato con la grossolanità del finale di Gli indesiderabili, un espediente che mira a complicare la questione non fa che semplificarla ancora di più, rendendo chiarissimo cosa vada e cosa no, da chi prendere le distanze e con chi stare.

Gli indesiderabili vuole raccontare le due facce della protesta: quella violenta e quella politica, quella dei compromessi e quella della lotta armata. Tuttavia cade quando non esita a usare i bambini, i giocattoli e gli sguardi tristi per accattivarsi il pubblico ed essere sicuro che tutti odino chi non si preoccupa di loro. E il problema non sarà certo un finale di guerra, perché le storie di Ladj Ly (che è anche tra gli sceneggiatori di Athena) sono storie di guerra, in cui i reali conflitti sotterranei diventano effettivi conflitti armati con toni anche spettacolari (qui è una megaevacuazione a costituire l'apice tecnico del film), che espongono nella forma dello scontro violento le tensioni psicologiche che logorano giorno dopo giorno. Il problema è che questa volta la guerra metaforica del suo film somiglia al terrorismo, che è più facile da condannare e da cui è più semplice prendere le distanze.

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