Gli Anelli del Potere 1x01, 1x02: la recensione
La nostra recensione dei primi due episodi de Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere, diretti da J.A. Bayona
Come una meteora che cade dal cielo, Il Signore degli Anelli: gli Anelli del Potere piomba nel già nutrito panorama delle serie televisive e delle offerte in streaming autunnali. Preceduta da alte aspettative, forti timori, un dispiego di mezzi colossale, un’attesa spasmodica e il consueto condimento di polemiche da social, si presenta all’appuntamento sui piccoli schermi di casa con i primi due episodi di una prima stagione che ne conterà otto, a cui ne seguiranno altre quattro negli anni a venire.
Una promessa mantenuta?
Mantiene le promesse? È lo stadio evolutivo successivo delle produzioni a tema Tolkieniano che tanti aspettavano? È il flop che alcuni temevano? Dare una risposta netta non è facile, ma partendo dagli elementi base, diremo che è una produzione destinata a lasciare il segno nella storia delle serie televisive, non fosse altro che per il dispiego di mezzi, il tema trattato e la sua natura di “prima volta” in cui viene tentato un esperimento del genere.
Una sfida tra il titanico e il sacrilego
Questo, nel bene nel male, è il biglietto da visita con cui Gli Anelli del Potere si propone. Nel bene, perché raccontare la storia di personaggi inediti consente una libertà creativa, strutturale e narrativa in grado di fornire una storia solida, indipendente ed energica, in grado di coinvolgere e di tenere col fiato sospeso lo spettatore sul destino dei personaggi. Nel male, perché ci troviamo di fronte a un unicum, a una prima volta importante e ambiziosa. Altri universi fantastici, da Star Wars a Game of Thrones, hanno visto altre voci autoriali avvicendarsi a quella del creatore originale, con alterni risultati, ma farlo in territorio Tolkieniano è una sfida in bilico tra il titanico e il sacrilego.
Perché questa è la vera, grande ambizione de Gli Anelli del Potere: fare della Terra di Mezzo un shared universe dove altre storie inedite possano aggiungersi alla visione dell’autore originale e infondere nuova vita in un mondo che, necessariamente per alcuni e fortunatamente per altri, poggia sulle fondamenta stabilite dal suo creatore e su nient’altro.
È impossibile dire, con due episodi all’attivo, se Gli Anelli del Potere vincerà o meno questa sfida. Quello che è sicuro è che i creatori si dimostrano consapevoli sia della loro ambizione che della portata dell’impresa in questione, presentandosi all’appuntamento con strumenti, dispiego di mezzi e qualità tecnica che sfiorano quelli delle grandi produzioni cinematografiche (Gli Anelli del Potere non va visto sullo schermo riduttivo di un telefono o di un tablet… assicuratevi un grande schermo che renda come si deve la maestosità di alcuni scenari)
La lingua del Signore degli Anelli
Quello che possiamo dire fin da ora, e che dovrebbe rassicurare la maggior parte del pubblico, è che la serie riesce a “parlare la lingua” del Signore degli Anelli. Gli scenari naturali della Nuova Zelanda, ancora una volta chiamata a rappresentare gli imponenti territori della Terra di Mezzo, la colonna sonora lirica e densa di emozioni, il carattere e i dialoghi dei personaggi sono ‘al posto giusto’: non ci sono momenti che stonano, battute o sviluppi ‘fuori parte’ o qualcosa che rompa la suspension of disbelief. Le vicende che vanno in scena e l’aria che si respira sono ovviamente inedite, ma riescono a ricatturare le sensazioni e le atmosfere che i capitoli cinematografici della Terra di Mezzo ci avevano insegnato ad amare, e questo è un primo passo col piede giusto che ha una notevole importanza.
La storia, le storie
A livello narrativo, la storia si dipana su quattro trame parallele: quella di Galadriel e del suo non rassegnarsi ad abbandonare la guerra contro un nemico che sa non essere ancora sconfitto, quella della Pelopiede Nori, che si ritrova a prendersi cura di un misterioso straniero caduto dal cielo, quella di Arondir, un ranger elfico che veglia sulle terre degli umani e che si sente più vicino del dovuto a una di loro, e quella di Elrond, incaricato di assistere il signore elfico Celebrimbor in quella che sarà l’impresa che dà il nome alla serie.
Al di là di Elrond, le cui prove più serie devono ancora iniziare, ad accomunare le altre linee narrative è il tema dell’individualità/ribellione e delle difficoltà ad adattarsi a quello che le autorità, la comunità e le regole esigono da noi. Tema archetipale, ma che ben si addice a un’opera che da sempre lavora sugli archetipi mitologici e sullo schema del cammino dell’eroe. Indubbiamente, per tutti i personaggi coinvolti, il viaggio e la crescita sono appena cominciati. Se tutti i personaggi svolgono con dovizia il loro compito da questo punto di vista, il ruolo più difficile è senza dubbio quello di Galadriel, che a differenza degli altri è un “volto celebre” e che di fatto è l’anello di congiunzione tra questa storia originale e quella che tutti conosciamo. Le sue traversie e la sua evoluzione sono quelle che camminano su un sentiero più stretto degli altri, avendo il dovere di conciliare due mondi e di doversi rapportare in qualche modo alla figura della Terra di Mezzo che verrà. Da questo punto di vista, applausi a Morfydd Clark che riesce nel non facile compito di interpretare un personaggio che è ancora in fieri e che deve dimostrare tratti ancora acerbi, ma allo stesso tempo deve mantenere portamento e maestà che non possono prescindere dal personaggio.
Lo specifico televisivo
Ma non finisce qui: la strada de Gli Anelli del Potere si fa ancora più in salita, perché oltre a doversi confrontare con la pesante eredità del creatore originale di Arda, essa deve anche confrontarsi con i codici narrativi che le competono, una combinazione che nel trattare le vicende del Signore degli Anelli appare più insolita e impegnativa del previsto. Ci accorgiamo, man mano che la visione procede, che certe meccaniche insite nelle serie televisive (che, sia chiaro, vanno necessariamente applicate in una produzione del genere) appaiono insolite nel contesto che conosciamo e che amiamo: misteri senza una soluzione, scene che si concludono con cliffhanger, trame che troveranno risposte e spiegazioni forse tra molti episodi se non addirittura stagioni… tutto questo è un territorio inesplorato per la materia Tolkieniana, che ha sempre trovato nella chiarezza, nella linearità e nella schiettezza i suoi punti di forza. Lo spirito della Terra di Mezzo può intrecciarsi alle regole della narrativa seriale, che gioca con lo spettatore sottacendo, rimandando e nascondendo informazioni con l’ovvio scopo di invitarti a tornare per l’episodio successivo per vedere “come va a finire”? Non è detto che la risposta sia no, ma il punto costituisce un’ulteriore sfida agli autori del progetto, che dovranno dimostrare di avere le spalle molto larghe per completare l’impresa con successo.
Conclusioni
In conclusione: Gli Anelli del Potere è una produzione sontuosa, energica e convinta che si pone obiettivi ambiziosi e che può segnare la storia della narrazione visiva e non in molti modi. La Galadriel dei giorni futuri diceva: “La vostra missione è sulla lama di un coltello. Una piccola deviazione ed essa fallirà.” Non ci sentiamo di essere così drastici, perché il cammino di questa storia, anche se impegnativo, non è impossibile e i primi passi sono stati mossi nella direzione giusta. Ma di certo, all’ambizione di aprire le porte della Terra di Mezzo a storie inedite non può che corrispondere una responsabilità altrettanto grande e il team creativo della serie dovrà dare dimostrazione di avere cuore, mente e idee nel posto giusto. Rimandando un giudizio finale a quando potremo aggiungere altri capitoli alla storia, possiamo, questo sì, apprezzare e applaudire i primi passi, che si muovono sulla strada giusta.
Trovate tutte le informazioni su Gli Anelli del Potere nella nostra scheda.