Girls (quinta stagione): la recensione

Quinta stagione di Girls: una delle più gratificanti costruite dalla serie HBO curata da Lena Dunham

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Spoiler Alert
Col passare degli anni Lena Dunham è diventata un'autrice sempre meno egoista e sempre più generosa. Alla quinta stagione di Girls le sue storie non appaiono più come un'emanazione, anche un po' egocentrica, di questa dotata e giovane autrice cui la HBO ad appena 26 anni ha affidato il controllo assoluto su una produzione. Contestualmente questo significa raccontare una vicenda più aperta, costringere anche le altre coprotagoniste della serie a mettersi in gioco di fronte alla telecamera, quando invece ad assumersi quasi tutti i rischi finora era stata solo Lena Dunham. Il risultato è evidente: la quinta stagione di Girls – la serie si concluderà l'anno prossimo con l'ultimo arco di puntate – è una delle più gratificanti prodotte dallo show. C'è più consapevolezza, una storia più corale, l'idea di vedere il raggiungimento del traguardo tramite il cambiamento graduale delle protagoniste.

Un cambiamento che non significa ottenere tutte le risposte (sarebbe già una gran vittoria conoscere le domande), né arrivare ad un traguardo di vita. Significa arrivare a quella maturità che permette di dare il giusto peso ad ogni situazione, reagire, finalmente, da "adulto", affrontare ogni passaggio, anche quello più difficile e inaspettato, senza caricarlo di un peso eccessivo e soprattutto imparando a contare sulle proprie forze. Ne ha fatta di strada in questo senso Hannah Horvath da quel lontano finale di stagione in cui chiamava disperata al telefono Adam affinché venisse a soccorrerla. Un primo passo c'era già stato nel finale dello scorso anno, quando era stata lei ad allontanare il ragazzo. Un ulteriore passo in avanti ci sarà in conclusione di stagione, nel suo modo di reggere la rottura del rapporto con Fran e soprattutto nella sua reazione di fronte alla relazione tra Adam e Jessa.

In questo senso per lei, come per le altre del gruppo, la costruzione della stagione è piuttosto canonica. Il primo episodio, interamente focalizzato sul matrimonio tra Marnie e Desi, diventa l'occasione per riunire sotto lo stesso tetto un gruppo di personaggi, gettando le basi per le varie storyline che seguiranno, facendo il punto della situazione e quindi disperdendo il gruppo. Per una Jessa che, come detto, inizierà una relazione con Adam nonostante le resistenze iniziali, abbiamo una Marnie che si conferma ancora come la più debole e immatura del gruppo. Anche per questo il suo percorso, a fronte di un buon minutaggio, secondo come al solito solo a quello di Hannah, è anche il meno gratificante.

Molto meglio Shoshanna, che rimane un personaggio al quale non si può non voler bene, soprattutto quando tutto inizia ad andare storto e lei, che delle quattro sembrerebbe la più ingenua, reagisce con il sorriso e rimboccandosi le maniche (e poi il Giappone rende tutto migliore). Se le beghe familiari di Hannah e il matrimonio turbolento dei suoi genitori ci interesseranno fino a un certo punto, più interessante sarà lo spazio riservato a Elijah (appare Corey Stoll come recurring).

Dietro il solito cinismo alleniano della Horvath, che però si emancipa dal proprio stereotipo con un monologo finale molto significativo, si nasconde la voglia di estendere quest'anno lo sguardo e preparare il terreno per un superamento che, ad un livello più alto, permetta alla sua autrice di congedarsi con la prospettiva di raccontare qualcosa di diverso in futuro.

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