Girls: i vetri infranti della nostra giovinezza

L'ultima parte della seconda stagione di Girls: continua il difficile percorso verso la maturità

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Uno degli aspetti più terribili della solitudine è che a un certo punto non ti rimane più nulla da ascoltare se non i tuoi pensieri. E allora capisci che tutti i tuoi sforzi per renderti sordo ad una verità che già conosci non servono a niente, quando le pareti delle tue distrazioni quotidiane crollano, quando gli amici che hai si allontanano, quando provi addirittura a perdere l'udito per di non sentire una voce che urla dentro di te, quando in definitiva ti accorgi che sei grande e che nessuno ti aiuterà più a raccogliere i vetri che infrangerai. Il finale della seconda stagione di Girls condensa tutte queste riflessioni, al centro delle ultime puntate andate in onda, in un'immagine finale difficilmente dimenticabile e in un abbraccio che ci lascia in sospeso fino al prossimo anno.

L'atteggiamento di Hannah in queste ultime puntate può essere riassunto nell'immagine di qualcuno che deve, ormai necessariamente, uscire di casa per affrontare il mondo ma, pur continuando ad avanzare verso la porta, preferisce guardare altrove per paura dell'ignoto. E il risultato di questo atteggiamento è quello che ci si potrebbe aspettare: si va a sbattere contro il muro. È molto difficile dare una definizione univoca della nostra protagonista: è una sconfitta senza speranza o è un personaggio che sta seguendo la sua personale strada verso la vittoria? Ma soprattutto, è un personaggio che vuole vincere? A questo proposito l'immagine utilizzata da Hannah in "Together" del passaggio all'età adulta rappresentato dal dover raccogliere da soli i cocci dei propri vetri infranti, anche a costo di ferirsi, è bellissima, ma nasconde un'ulteriore riflessione. Data la premessa, quella persona raccoglierà quei vetri o preferirà continuare a chiamare aiuto finché non verrà qualcuno?

Questo è in fondo il leitmotiv nella caratterizzazione di Hannah durante le ultime puntate. In moltissime e ripetute occasioni (la Dunham autrice è molto brava a farci notare certe finezze quando vuole) la ragazza butta là alcune affermazioni con apparente sufficienza, oppure nascondendole in frasi che vorrebbero essere incentrate su altro, ma con il preciso e palese scopo di suscitare una reazione nel prossimo. Lo fa raccontando ad Adam del suo libro in "On all fours", lo fa in "Video Games" quando chiama i suoi per vivere un piccolo e falsamente edificante momento di complicità, lo fa nell'ultima puntata inserendo ad hoc in una sfuriata a Jessa via telefono tutte le sue varie problematiche. È una di quelle persone che non si aiutano da sole, che vogliono sentirsi coccolare e chiedere "come stai?" in continuazione e che mascherano tutto ciò con una finta indifferenza. E, su tutto, una grande cristallizzazione, quasi involuzione, nella sua maturità (il fatto che le critiche mosse siano le stesse che in altre occasioni dovrebbe essere un indizio).

Hannah non è stupida, anzi è molto intelligente e "inconsapevolmente consapevole" di se stessa (in quest'ultimo attributo ci ricorda la protagonista dello sfortunatissimo Enlightened). Ciò che le manca è il coraggio, la forza di camminare senza stampelle, di raccogliere quei famosi cocci da sola e soprattutto senza aspettarsi che nessuno si complimenti con lei per questo. Dall'altro lato abbiamo poi Marnie. Tutta la sua storyline, non certo memorabile, come nessuna delle altre "girls" del resto, si riduce ad un dialogo nel quale emerge il suo vero sogno, e alla scena di canto alla festa in "On all Fours". Per carità, un momento imbarazzante al punto giusto e senza alcun impatto sulla trama, ma è il segnale di un piccolo, minuscolo tentativo di fare qualcosa. Altro personaggio ad aver perso qualcosa in questo finale è Shoshanna (di Jessa non parliamo nemmeno dato che praticamente scompare dopo la settima puntata): la sua ingenuità rimane sempre uno scudo naturale, ma al tempo stesso ne pregiudica la maturità, in primo luogo nel rapporto con Ray.

E Adam? Adam è nel sincero sfogo agli alcolisti anonimi in cui parla del suo rapporto con Hannah (e che ci dice sul personaggio più di tutte le puntate precedenti), è nel tentativo destinato a fallire dal principio di costruire un rapporto sentimentale serio con Natalia, è in quella corsa con il cellulare in mano incontro al suo destino. Hannah le ha provate tutte per sfuggire alle sue responsabilità: ha scaricato il motivo sui suoi mille problemi di salute (ovviamente esasperati), si è nascosta dalle sue amiche per poi incolparle, ha ceduto ai suoi vecchi tic e manie, ma alla fine è riuscita ad aggrapparsi all'ultima sua speranza. Adam le corre incontro, abbatte la porta, si abbracciano, titoli di coda.

Ma la Dunham e noi sappiamo che questo scenario da happy ending è in realtà tutto l'opposto di quello che sembra. È l'ennesima sconfitta di Hannah, di un personaggio che giunto all'ultima spiaggia sarebbe stato finalmente costretto, pur soffrendo, a diventare grande e a completare quel percorso verso la maturità che Girls sembra sempre essere indeciso se raccontarci o meno. E invece no, Hannah vince ma perde una grandissima occasione.

E quindi, cos'è Girls? È il manifesto personale ma non universale di Lena Dunham, è il racconto del dramma delle nostre coscienze, preludio al vero dramma della vita, è il tentativo di trovare un senso ad una sterile e mediocre quotidianità che solo apparentemente non ha nulla da dirci, è quel famoso vetro infranto che l'autrice ci invita a raccogliere. Forse ci rifletteremo in qualcuno di quei frammenti, e altri ci feriranno, ma alla fine ci sentiremo più grandi.

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