Hannah e Adam, Adam e Hannah. Da tre anni il finale di stagione di
Girls tira le fila dei temi che da sempre vengono sviluppati dalla serie per ridurre all'osso ogni controversia e dibattito e lasciare solo l'essenziale. E anno dopo anno arriva la conferma: la critica alla superficialità e il racconto delle piccole svolte relazionali e professionali sono importanti per la show, ma al centro di tutto vi è sempre il rapporto tra la protagonista e il suo pseudoragazzo. O più precisamente, la percezione di un rapporto dal punto di vista unilaterale di lei che, nel caso specifico, non solo è l'interprete del personaggio, ma ne è anche la scrittrice e la regista. Questa lei è da sempre
Lena Dunham/Hannah Horvath, e anche in questo finale di stagione l'autrice conferma la capacità di uscire da se stessa e da qualunque indulgenza nei confronti dei propri personaggi per lasciarci liberi di decifrare ciò che abbiamo visto.
Da alcune settimane, prima con l'avviso giunto nientemeno che dalle parole di Patti LuPone, poi con le parole poco confortanti della nonna morente, gli indizi circa l'incrinarsi del rapporto, mai troppo idilliaco, tra Hannah e Adam c'erano state. Esplodono in Two Plane Rides, coincidendo con due svolte professionali nella vita dei due giovani. Adam ormai è alle soglie dell'attesa prima del suo spettacolo, quello che, comprensibilmente, l'ha allontanato in parte da Hannah nelle ultime settimane. Sala piena, applausi a scena aperta, un simpatico photobombing di Elijah: in pratica un successone. Dietro le quinte (letteralmente) accade qualcos'altro però. La notizia che Hannah è stata ammessa ad una scuola di specializzazione nell'Iowa irrompe sul momento, facendo scoppiare quelle scintille che già si erano viste nelle passate puntate, e portando alla rottura del rapporto.
Su
Girls si è detto molto. Che è uno show che punta sullo scandalo facile e sui nudi inutili, che è autoindulgente, che non parla di nulla, o magari che è consapevole di parlare del nulla e lo fa bene, che è una serie per
hipster, che è una serie che critica gli hipster e così via. Personalmente credo che Lena Dunham sia in primo luogo assolutamente consapevole della propria creatura, che ne abbia il controllo totale, che sappia cosa vuole e che sa cosa va sottolineato e cosa, più saggiamente, va lasciato alla comprensione e decifrazione libera dello spettatore. Se
Girls fa così tanto parlare di sé è anche perché non è così immediato come sembrerebbe. È una serie gradevole, stridente, irritante, ma lo è perché in primo luogo lo sono le sue protagoniste. Perché sono state create così. Hannah non è la ragazza che si piange addosso e vive nella pericolosa contraddizione di una bassa autostima legata al proprio fisico, ma che al tempo stesso si arroga ingiustamente il soprannome di "voce della sua generazione". O meglio, lo è solo in parte. Innanzitutto è dotata nel proprio campo, ha ricevuto offerte, ha iniziato a lavorare, ora è stata ammessa ad una scuola. Il talento non le manca, ed è anche una persona volenterosa, intelligente e tutto sommato buona. Rimane la debolezza, quella umana, quella che la porta a buttare lì falsamente una frase sul suo licenziamento, che non le permette di essere semplicemente felice per il successo di Adam (Adam Driver), che la costringe a oscurare una serata non sua rivelando la notizia che la riguarda.
E le altre non sono da meno. Marnie, che va con Ray (Alex Karpovsky) per ripiego dopo il rifiuto di Desi (che però poi bacerà), che accetta con fare dimesso la rabbia di Shoshanna, che sorride apertamente di una situazione nella quale è in parte colpevole e sa di esserlo. Dallo scontro in bagno tra Marnie e Clementine – sono anche vestite allo stesso modo – emerge comunque come la situazione tra Marnie e Desi non dovrebbe durare anche l'anno prossimo. Si spera che l'esperienza musicale di Allison Williams nello show finisca qui, ma mai dire mai. A proposito di Shoshanna, il personaggio di Zosia Mamet è stato il più sacrificato del quartetto. Da persona più posata, razionale, tranquilla del gruppo, la ragazza è diventata una delle meno equilibrate, tra relazioni ballerine e studi compromessi. In ogni caso quello che vediamo in quest'ultimo episodio sembra più un contentino al personaggio e al dover essere inevitabilmente ripescato in conclusione. Stesse considerazioni per Jessa (Jemima Kirke), che si trova improvvisamente alle prese con una richiesta di eutanasia da parte dell'artista che ha conosciuto nella galleria dove lavora Marnie. Fosse stato inserito a metà stagione il segmento avrebbe avuto un senso e sarebbe stato divertente, ma qui appare fuori luogo e completamente svincolato dal resto dell'episodio.
Quest'anno
Girls ha dato il meglio di sé negli episodi interlocutori come
Flo e
Beach House, momenti svincolati dal caos urbano che hanno concesso alla scrittura dei personaggi di riprendere fiato e di costruire, intorno alla solita critica alla superficialità che francamente dopo tre anni ha esaurito quello che aveva da dire, anche dei personaggi degni che la incarnassero. Jessa e Shoshanna sono sempre state un po' sacrificate, ma mai come quest'anno. Speriamo che l'anno prossimo lo show diventi più corale. Marnie di barcamena, ma in questo caso le indecisioni del personaggio sembrano riflettere quelle della Dunham su cosa farci. Hannah rimane protagonista assoluta. Non è un personaggio positivo, tutt'altro, ma lo slancio sincero con cui la scrittura ce lo porge fa passare in secondo piano i suoi difetti, e in ogni caso sembra che finalmente un miglioramento sia possibile. Nel finale dello scorso anno Adam doveva attraversare la città per salvare Hannah. Stavolta la protagonista torna a casa, da sola, osserva la lettera e sorride. Forse sta iniziando a salvarsi da sola.