Girl Power, la recensione

È rimanendo sempre fiero della sua natura di teen movie che Girl Power propone, riuscendo dignitosamente nell’arduo compito, la sua personale variazione sul genere

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Girl Power, la recensione

È rimanendo sempre fiero della sua natura di teen movie che Girl Power - La rivoluzione comincia a scuola di Amy Poehler propone, riuscendo dignitosamente nell’arduo compito, la sua personale variazione sul genere, costruendo qui un racconto in cui sono primariamente il women power e la rivendicazione femminista il vero punto d’interesse della storia, nucleo narrativo e non solo tematico attorno a cui costruire l’impianto rassicurante del coming of age. Un’operazione rischiosa, facilmente tacciabile di qualunquismo, e che invece Amy Poehler mantiene saggiamente in bilico tra il necessario compiacimento del suo pubblico di riferimento (gli adolescenti) e la seria convinzione che è possibile trattare temi complessi in parole semplici.

Il film è l’adattamento del romanzo omonimo di Jennifer Mathieu e ha per protagonista la giovane Vivian (Hadley Robinson), una ragazza introversa che frequenta la quarta superiore. Vivian è alle prese con una lettera motivazionale per il college in cui deve parlare di una causa che le sta a cuore ma non ha idea di cosa scrivere. Da questo spunto ricorrente nel genere, tuttavia, il film dispiega un percorso di crescita che si distacca completamente da quell’espediente tanto che, dopo aver servito da miccia per accendere la trama, non viene nemmeno più ripreso. Ecco infatti che Vivian, ispirata dal trascorso di attivismo della madre (interpretata dalla stessa Amy Poehler) e dalla sicurezza che emana la nuova arrivata a scuola Lucy (Alycia Pascual-Pena), essendo stata colpita nel personale dalla tossicità del suo ambiente scolastico comincia a distribuire anonimamente nei bagni della scuola una fanzine femminista da lei creata, “Moxie”. Grazie a Moxie piano piano tutti saranno messi in discussione, dagli insegnanti agli studenti, e Vivian, sbagliando e imparando, entrerà finalmente nell’età adulta.

La forza di Girl Power è, sicuramente, la sua intelligente accessibilità. A un livello più immediato, infatti, ogni elemento sembra volerci rassicurare, avvolto com’è nella sua patina di film adolescenziale leggero e spensierato: la regia standard e anonima, la fotografia brillante, i costumi e gli ambienti colorati, i personaggi-tipo… tutto è simpaticamente stereotipato nelle sua funzioni narrativa o descrittiva più classica. Ma la superficie è solo una parte e la forma, se non vuole ingannare, distrae da ciò che piano piano comincia a mettere sul piano tematico. Girl Power non ha infatti la pretesa di riflettere generalmente su cosa voglia dire essere femministi, ma intelligentemente si concentra su un risvolto particolare del tema: l’importanza di sapersi definire e difendere da sé in un momento importante come quello dell’adolescenza. Il femminismo quindi sia come tema che come atteggiamento, come modo di pensare, proposta costruttiva per un ambiente scolastico che si fondi su valori sani e propositivi. La chiave perfetta, insomma, per un teen movie.

Trovata la sua chiave, il tono e il ritmo, Girl Power scorre piacevolmente e senza intoppi, facendoti affezionare alla sua protagonista e tutti gli altri personaggi, immergendoti totalmente nel suo mondo per l’arco di due ore. Peccato soltanto per alcune banalità di trama forse eccessivamente prevedibili: ma, tutto sommato, non si può negare che Girl Power non ci abbia avvertito.

Cosa ne dite della nostra recensione di Girl Power? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film!

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