Gipi vol. 4: S., la recensione

Abbiamo recensito per voi S., pubblicato nella collana di Repubblica che propone l'opera omnia di Gipi

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Affrontare un lutto non è mai cosa facile. Tra le esperienze che si possono vivere durante la propria vita, fare i conti con la morte è sicuramente tra le più personali in assoluto, quindi non c'è da stupirsi se ognuno affronti la cosa in modo prettamente "suo". Quando morì Sergio Pacinotti, suo figlio Gian Alfonso riversò su carta tutte le sue emozioni nate da una simile esperienza, creando una storia molto forte, con pagine acquerellate che mostrano quella linea sottile che separa i ricordi dal desiderio di poterli rivivere o cambiare.

S. è il quarto volume dell’opera omnia di Gipi in allegato al quotidiano La Repubblica. Il cartonato segue il precedente LMVDM - La mia vita disegnata male, proseguendo la pubblicazione a cadenza settimanale della produzione a fumetti di Gian Alfonso Pacinotti.

Trattandosi di un'opera estremamente autobiografica, sarebbe lecito aspettarsi un contenuto più personale e meno universale, una sorta di "sfogo" dell'artista, un lavoro minore pubblicato originariamente da Coconino Press solo grazie al nome in copertina. Ecco, in tal caso non si potrebbe essere più lontani di così dalla verità.

Nel piangere la morte del padre, Gipi intreccia diverse storie (come già visto in altre occasioni) con una cura eccezionale, dosando i momenti divertenti e quelli più toccanti, senza mai cadere in facili patetismi o piagnistei. Per realizzare S. il fumettista toscano rimette il suo stile in discussione, prendendosi una serie infinita di libertà e rischi.

È il 2006 e l'altissima qualità degli acquerelli di Gipi non è certo un mistero, ma il modo in cui declina il colore all'interno dell'opera sembra davvero diverso rispetto a quanto fatto in precedenza. Similmente, i salti temporali tra un binario narrativo e l'altro assomigliano più a un mosaico composto da piccoli frammenti improvvisati senza alcun canovaccio che una successione vera e propria di scene pre-ragionate e schematizzate. Il risultato è come un lungo flusso di coscienza ricco di digressioni, dettagli che danno profondità alle storie e piccole confessioni personali, di quelle che si fanno al migliore amico davanti a una birra.

L'effetto cardine della storia è un ponte emotivo molto forte con il lettore, un tacito patto in cui entrambe le parti conoscono molto bene il vero oggetto del discorso, nominandolo solo di striscio e dedicando molte più parole al contorno: la vita del defunto e dei suoi affetti dal periodo della guerra al passato più prossimo, illustrando il mondo in cui egli ha vissuto. Se molti altri autori in passato hanno trattato il tema della morte dei propri cari attraverso allegorie e metafore di varia natura, Gipi sceglie la via più difficile e diretta, raccontandosi accanto ad S. e mettendo a nudo dinamiche famigliari e sociali molto intime.

Come spesso accade in questi casi, quando un lettore si trova davanti a un contenuto così forte può trovare delle difficoltà a rapportarcisi. S. non è "una storia di padri e figli", ma "la storia di un padre e di un figlio", particolare per definizione, come ogni rapporto famigliare al mondo. Questa forte identità è una scommessa importante, perché non scende a compromessi: con questa graphic novel Gipi, nel bene e nel male, mette sul tavolo delle informazioni non negoziabili con il lettore che non può "far finta di non vedere" le parti più dure da digerire.

Proprio per i motivi sopracitati, S. è sicuramente tra le opere più impegnative e coinvolgenti dell'autore pisano. Questo aspetto è, per sua natura, ambivalente: se si è pronti ad accettare la relativa universalità delle vicende private del singolo, ci si sentirà come se davvero si planasse in una vita altrui, in quelle gioie e dolori che si possono provare solo camminando nelle scarpe di un altro individuo.

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