Gimme Danger, la recensione
La storia di Iggy Pop & The Stooges in Gimme Danger diventa una cavalcata cronologica e convenzionale che omette i molti dettagli disturbanti ed estremi
Nonostante sia impossibile riprendere Iggy Pop senza far trasparire diverse forme di eccesso, Jarmusch riesce a tenere fuori dal film quella che è stata una delle componenti fondamentali del gruppo, cioè la maniera in cui tra la fine dei ‘60 e l’inizio dei ‘70 alzarono l’asticella dell’autodistruzione con una musica che andava di pari passo, incattivendo il rock dell’epoca. Se un montaggio finale rapido e pigro mostra l’influenza degli Stooges nel resto del mondo della musica, pochissimo racconta quanto l’atteggiamento che avessero non solo ha aperto la strada a tanti come loro, ma prevedeva quella che sarebbe stata la grande conseguenza della fine dell’ideologia dell’amore degli anni ‘60 e l’abisso che non poteva che seguire.
Anche il sottofinale in cui, dopo aver cavalcato in modo abbastanza convenzionale gli anni dall’adolescenza di Iggy Pop fino all’ingresso nella Hall of Fame degli Stooges, il documentario ritorna indietro, ad un aneddoto di quando erano giovani per chiudere con un tono sentimentale, l’impressione è che davvero si sia voluto scrivere un’altra mitologia su quella già esistente del gruppo. Una peggiore.