Gifted - Il Dono Del Talento, la recensione

Tarato sugli standard più evidenti e grossolani di quella che solitamente si identifica come buona recitazione, Gifted è un veicolo per Chris Evans guidato male

Critico e giornalista cinematografico


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Per scappare dai doveri di Capitan America e da un cinema in cui la recitazione richiesta è molto basilare e solo padroneggiandola davvero si può far emergere la propria arte in una macchina così spettacolare complessa, Chris Evans trova un lido più sicuro e controllato, un film indipendente con le caratteristiche di quello “ben recitato”, in cui il riflettore è tutto su di lui e non sulla sua maschera o sull’azione, in cui è molto più facile insomma che si noti la recitazione.

Il paradosso è che anche qui arriva qualcosa o qualcuno a metterlo in ombra. È McKenna Grace, bambina di 11 anni che nel film interpreta sua figlia (la protagonista della storia ma, per le magie del montaggio e della messa in scena, non la protagonista del film), nuova bambina prodigio del momento (e per i prossimi 2-3 anni) e come spesso capita in questi casi di straordinaria intensità.

In una famiglia di geni Frank ha deciso di rifiutare di coltivare il proprio dono, specie dopo aver visto come sua sorella, brillante matematico ad un passo dal risolvere una delle equazione irrisolte della matematica, si è suicidata lasciando una figlia. Se ne occuperà lui e lo farà senza coltivare la sua brillante intelligenza ma anzi facendole vivere una vita semplice. Una nonna scaltra, intelligente e determinata a fare della bambina un genio accademico nonostante tutto, cercherà di portargliela via.

È proprio così, con una trama da lacrima movie italiano anni ‘70, che Gifted mette in piedi il suo artificio (raccontare questa storia) che nasconde il suo vero fine (mettere al centro di tutto Evans e le sue doti). Solo che Marc Webb lavora al minimo e fa girare la macchina nel vialetto del convenzionale, ripassa i soliti percorsi e lucida i discorsi, le scene, le inquadrature già sentite. È facile così raggiungere i propri traguardi, muovendosi nel solco di chi è venuto prima, confermando le aspettative dello spettatore in una confezione splendente e formalmente impeccabile. Di fatto Gifted ottempera a tutte le richieste del cinema ben recitato, ne replica i luoghi comuni e addirittura le scene madre.

A latere di tutto questo il film aderisce così tanto al formato del cinema indipendente americano da correre sicuro verso il risultato finale con un papà bello, giovane e sexy, una figlia intelligente e adorabile (che infatti è adorata) e un circondario di personaggi amabili, dalla nuova fiamma, alla vicina di casa totalmente pretestuosa e inutile, messa lì a bella posa per creare simpatia. Alle volte, forse, si può anche morire di “conferme”.

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