Gianni Minà - Una vita da giornalista, la recensione

Terribile quando racconta la vita di Gianni Minà, più sensato quando assembla i servizi, il documentario sulla vita del giornalista è pessimo

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Gianni Minà - Una vita da giornalista, il documentario sul giornalista recentemente scomparso in sala per un evento di tre giorni

Non sembra esserci stata una produzione, una scrittura e una regia accurate dietro a Gianni Minà - Una vita da giornalista. Anzi. L’impressione è proprio quella del prodotto amatoriale. Lungo tutta la prima parte del documentario di Loredana Macchietti, Minà stesso si sposta per Torino e racconta, insieme ad amici di vecchia data, la sua infanzia e poi la sua formazione, i primi lavori e tutto quello che è successo prima di intraprendere la carriera da giornalista. È una buona fetta del documentario, quella più diretta e più scritta, e tradisce scelte musicali infantili (che raddoppiano quel che viene detto), valori produttivi all’osso, inventiva inesistente e scarsissima conoscenza di come funzionano, come sono fatti e che caratteristiche abbiano i documentari moderni. O anche solo quelli migliori.

Gianni Minà - Una vita da giornalista sembra uscito dall’era in cui i documentari per la televisione erano operazioni compilative, in più tende pericolosamente a somigliare ad un approfondimento di un telegiornale per tono, pasta e soluzioni cinematografiche. Solo nella seconda parte, quando dismette totalmente qualsiasi velleità narrativa e preferisce affiancare uno dopo l’altro una selezione cronologica di servizi e documentari dello stesso Minà, trova un senso. Raccontare una carriera nell’audiovisivo attraverso un prodotto audiovisivo avrebbe richiesto probabilmente tutta un’altra capacità, ma almeno affiancare momenti e tagli (ben scelti) dalle interviste più note (ma i passaggi scelti no, quelli per fortuna non sono i più noti) salva la faccia.

Nella sua seconda parte Gianni Minà - Una vita da giornalista riesce a dare conto del passaggio dallo sport, al costume, alla politica e al Sud America (che in un certo senso riassumeva tutto il resto), mette in fila ciò che di Minà è più noto (le conoscenze) insieme al senso e alla formazione di quei legami, unendoli poi alla dimostrazione di ciò che quei legami consentivano. Così almeno il vero specifico del soggetto di questo documentario, la capacità di documentare e raccontare attraverso i legami personali con i soggetti e non a dispetto di essi, trova una rappresentazione.

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