Ghostwire: Tokyo, un titolo sospeso tra due mondi | Recensione
Dopo aver completato l'intera campagna principale e tutte le missioni secondarie, siamo pronti per parlarvi di Ghostwire: Tokyo
UN MONDO MAGICO
Per coloro che non sapessero ancora nulla sulla trama di Ghostwire: Tokyo, facciamo un breve riassunto. Akito è un ragazzo ventiduenne che, dopo un incidente in moto presso l’incrocio di Shibuya, si risveglia in una Tokyo popolata da spiriti. Come se non bastasse, la voce di un detective del sovrannaturale di nome KK comincia a ronzargli in testa. Le due anime chiuse nello stesso corpo fisico scoprono quindi che la causa di quella situazione è un misterioso individuo con indosso una maschera Hannya. Per riuscire a fermare un folle rituale, Akito e KK dovranno imparare a collaborare mentre tentano di sopravvivere a orde di creature provenienti dal folklore giapponese.
La musica cambia, purtroppo, quando si parla della main quest.
Quando abbiamo scritto l’anteprima dei primi due capitoli di Ghostwire: Tokyo pensavamo di essere ancora lontani dal finale, senza renderci conto di essere quasi a metà dell’avventura. Il risultato è una storia scialba e prevedibile, che non rispetta le promesse mantenute nella prima parte di gioco. Anche il rapporto tra Akito e KK, molto interessante all’inizio, evolve in modo brusco e tenta di emozionare (senza riuscirci) nel finale. Immensa delusione anche per le principali boss fight, che possiamo definire rapide e noiose. In un paio di situazioni lo scontro non è durato più di pochi minuti, permettendoci di vincere la sfida senza quasi rendercene conto. Il primo boss davvero interessante è quello finale, che presenta più fasi e ci è sembrato in linea con le altre produzioni di questo tipo. Un vero peccato, visto il divertente sistema di combattimento ideato dal team nipponico.
TRA TESSITURE E TALISMANI
Ghostwire: Tokyo è un titolo molto divertente da giocare. Per tutte le ventisei ore necessarie a completare l’avventura prodotta da Bethesda ci siamo realmente intrattenuti, vagando per il mondo di gioco nella speranza di imbatterci sempre in nuovi elementi narrativi e ludici. L’idea di sostituire le armi da fuoco con i colpi magici denominati “Tessiture” è sicuramente una mossa vincente, che sorprende soprattutto dal punto di vista estetico. La presenza di talismani e dell’arco contribuisce poi a rendere gli scontri più tattici, permettendoci anche di approcciare alcune situazioni attraverso lo stealth.
Il problema principale del titolo diretto da Kimura è che dopo le prime sette ore di gioco non subentrano nuovi elementi di gameplay. Il risultato è un gioco che, rispetto agli altri open world, risulta corto e scarno. Il nostro consiglio, infatti, è di avvicinarsi a questa produzione con l’idea di star giocando a un titolo story driven, ma sparso su un’area di gioco più vasta del normale. Le strette vie di Tokyo contribuiscono a trasmettere questa impressione, donando al tutto una sensazione di linearità che abbiamo apprezzato. Certo, ci sarebbe piaciuto trovare qualcosa di nuovo nella seconda metà di gioco, ma possiamo comunque dirci soddisfatti dell’esperienza finale.
La già citata atmosfera magica che avvolge la produzione contribuisce però anche all’esplorazione del mondo di gioco. Il fascino che avvolge ogni singola via di Shibuya continua a mantenerci incollati al pad ancora oggi, spingendoci a raccogliere tutti i numerosi collezionabili sparsi per la città. Non vogliamo ancora abbandonare Ghostwire: Tokyo e ci auguriamo che questa avventura di Akito e KK possa trasformarsi nel primo capitolo di una saga.
ESTETICA NIPPONICA
Se i modelli poligonali dei personaggi non hanno saputo mai davvero esaltarci, lo stesso non si può dire del design di ogni singolo elemento di gioco. Nemici, ambienti e particellari ci sono rimasti stampati negli occhi, facendoci soprassedere anche a una poca varietà di avversari e a qualche texture in bassa definizione. Il mondo che ruota attorno a Ghostwire: Tokyo è davvero impressionante e camminare tra le strade di Tokyo non è mai stato tanto bello. Semplicemente meravigliosa la colonna sonora, che offre ottimi brani strumentali e una soundtrack composta da brani Lo-Fi davvero encomiabile (e che abbiamo rapidamente inserito nella nostra playlist).
Segnaliamo, infine, un utilizzo magistrale del DualSense. Forse il migliore da molto tempo a questa parte. Ogni azione di Akito è trasmessa al pad di PlayStation 5 e la possibilità di usare il touchpad per compiere i rituali di esorcismo ci ha sinceramente sorpreso. Questo ovviamente comporta un consumo molto rapido della batteria del DualSense, ma è ovvio che non si tratta di una colpa che intendiamo far ricadere su Ghostwire: Tokyo.
Ghostwire: Tokyo è la prova concreta di come una buona atmosfera possa salvare un intero titolo. L’opera di Tango Gameworks è lontana dall’essere perfetta e ci ha seriamente deluso per quanto riguarda la trama principale. L’immenso lavoro di world building ci ha fatto però innamorare del gioco, mantenendo i nostri occhi incollati allo schermo. Ghostwire: Tokyo è una gemma che, se saprete apprezzare, vi regalerà grandi emozioni. Un titolo carismatico che, per i fan del folklore giapponese, risulta semplicemente imperdibile. Se non vi affascina il design e il mood, invece, il nostro consiglio è di ponderare con attenzione l'acquisto, in modo da evitare possibili delusioni.