Get Duked!, la recensione
Quattro adolescenti strafatti abbandonati nelle Highlands per una gara di orientamento: Get Duked parte così ma finisce in tutt'altro modo
Al suo cuore è una stoner comedy, su 4 adolescenti coinvolti in una gara di orientamento, il Duke of Edinburgh Award (che esiste davvero), forniti delle proprie droghe e capaci di trovarne di inedite nel percorso. Quasi subito si scopre che loro sono 4 pessimi studenti (3 in particolare) è che per punizione sono stati spediti a partecipare a quella che in realtà è una maniera per eliminare le mele marce del Regno Unito. C’è infatti qualcuno, vestito come il Duca d’Edimburgo quando è in vacanza, la classica divisa da latifondista britannico, che li sta cacciando. Un po’ Sightseers per la passione per il macabro, un po’ Battle Royale per l’idea che i giovani sono cacciati dagli adulti (mascherati in maniera poco dubbia da nobili e reali, l’elite) come metafora della lotta generazionale e di classe ma soprattutto molto commedia tradizionale britannica, Get Duked! ha il pregio di crescere costantemente in assurdità.
A dirigere e scrivere c’è Ninian Doff, al suo esordio dopo diversi videoclip (tra cui uno per i Chemical Brothers che un po’ fa pratica con atmosfere e idee di black comedy di questo film) e nonostante non tutto il film sia sul medesimo livello d’umorismo, molte gag e battute siano buttate via e ci sia un eccesso di desiderio di far ridere senza riuscirci sempre, è indubbio che i momenti topici li centri tutti. In particolare c’è un centrato rave surreale in un fienile e una gran soluzione finale anch’essa a sorpresa che pare un’idea da Looney Tunes.
A differenza di molti altri film sul suo tipo Get Duked! insomma non è una moscia sequenza di dialoghi con battute (che pure non mancano) ma una vera commedia che usa tantissimi strumenti diversi di messa in scena e soprattutto che ha una chiara idea di società all’interno della quale sa dove vuole schierarsi (non che sia una posizione difficile o audace eh).
Infine, nei panni del duca cacciatore c’è Eddie Izzard (mascherato), che non è lì per portare il proprio umorismo o la propria capacità di interpretare la commedia ma semplicemente dà una mano, con il suo nome in cartellone, ad un film indipendente che cerca di ridere su molti stereotipi britannici (non manca una trama secondaria meno divertente su un incompetente distretto di polizia alle prese con piccole questioni e capace di fraintendere la più grande di cui sono testimoni). È un supporto non da poco.