Gerusalemme, la recensione

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Questa è la valle dei segreti.
Quando non puoi parlare ad alta voce vieni qui e le colline sentono cosa stai pensando.
Quando ci sono sentimenti nel tuo cuore per cui non hai parole...
O se hai le parole, ma nessuno a cui dirle...
Vieni qui e siediti tranquillo per un po', le colline ti ascolteranno.

Con queste parole David descrive al fratello minore Motti il paesaggio che si staglia davanti ai loro occhi poco fuori Gerusalemme, alla vigilia delle rivolte destinate a sconvolgere la Palestina portando alla nascita dell'attuale Stato d'Israele.
È attraverso gli occhi di un ragazzino che il lettore si immerge nella Gerusalemme della seconda metà degli anni '40, seguendo le vicende della famiglia Halaby. Gerusalemme è un racconto corale, per cui Motti non può essere considerato il protagonista assoluto della vicenda, ma è più il punto di vista prediletto dall'autore nel quale il lettore può riconoscersi, grazie al suo sguardo ingenuo su eventi che fatica a comprendere.
Le divergenze politiche interne alla famiglia riflettono quelle che nel frattempo avvengono nelle strade, i problemi economici sono evidenziati dal confronto con lo stile di vita dei cugini più abbienti, gli echi della Seconda Guerra Mondiale giungono fino a Gerusalemme e influenzano le vite di ognuno visto che giovani israeliani continuano a decidere di andare a combattere in prima linea. Sono tanti tasselli che ci forniscono un'immagine precisa di un momento storico e di una cultura che buona parte dei lettori occidentali probabilmente ignora.

Il fumetto è introdotto nel volume da una serie di articoli che aiutano a comprendere il contesto storico e geo-politico dell'opera, oltre a un albero genealogico della famiglia Halaby sul quale è possibile tornare durante la lettura per chiarire le idee sui legami familiari dei personaggi, non sempre descritti in modo efficace.
Boaz Yakin si concentra su un singolo nucleo familiare, ma ad eccezione di alcuni momenti, non si prova una vera e propria empatia coi personaggi. Sembra quasi di guardare un microcosmo attraverso una lente d'ingrandimento, per farsi un'idea di quello che migliaia di famiglie simili alla famiglia Halaby stavano vivendo in quel periodo, ma con i toni della narrazione più vicini a un documentario, a un'esposizione della cronaca dei fatti.
Alcune sottotrame non sono sviluppate a dovere e forse avrebbero potute essere accantonate, così come alcuni personaggi che faticano ad imprimersi nella mente del lettore. È la presenza di questi elementi accessori che rende la lettura discontinua, non sempre accattivante, ma una volta concluso il volume è impossibile posarlo senza essere stati segnati da qualcosa al suo intorno. Probabilmente a Gerusalemme avrebbe giovato qualche decina di pagine superflue in meno, per farne un graphic novel ancor più incisivo.

Graficamente Nick Bertozzi rappresenta i fatti con uno stile naturalistico, con personaggi spesso simili tra loro, ma che grazie all'albero genealogico illustrato a inizio volume si possono facilmente riconoscere.
Durante i momenti "di passaggio" i fondali sono volutamente poveri, ma nelle vignette di maggior respiro Bertozzi arricchisce le tavole con dettagliati paesaggi.  Ci sono poi scene violente di esplosioni o di guerriglie, che grazie a disegni crudi e di grande impatto spiccano su tutto il resto.
In realtà Nick Bertozzi non può essere considerato come l'unico disegnatore dell'opera, dato che ci sono ben 22 altri artisti che hanno aiutato con matite, inchiostri e mezzetinte, come riportato nei credits presenti nell'ultima pagina di questo interessante e toccante volume.

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