Genitori vs Influencer, la recensione

La sorpresa non è certo che Genitori vs Influencer sia messo in scena come un figlio della tv generalista, ma per alcuni momenti sia emotivamente sincero!

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Se non altro non è Genitori & figli: Agitare bene prima dell’uso. Come conquista sembra modesta ma è qualcosa. Significa che Genitori vs. Influencer nonostante rimesti nella medesima melassa nella quale era immerso il film di Giovanni Veronesi (e invero moltissimo altro cinema italiano che pare infatuato della teatrale rappresentazione edulcorata del paese che già la televisione generalista propone) almeno a sprazzi riesce a dire qualcosa di vagamente reale. Prima che tutti precipiti di nuovo.
Il racconto dell’eterno rapporto burrascoso tra adolescenti e genitori è sempre rappresentato tramite l’esasperazione comica del conflitto, ma il film di Michela Andreozzi (scritto da lei stessa con Fabio Bonifacci) presenta almeno un’idea di mondo più complessa della sola superficiale armonia familiare. È una visione dei rapporti di forza che vigono nel paese a diversi livelli che permea il film e, per tutta la parte centrale, sembra quasi dargli un senso. Quasi.

Perché Genitori vs. Influencer poi un senso fa di tutto per perderlo. È ovviamente un canto delle miserie di internet e quindi della modernità, su questo c’erano pochi dubbi da avere, in cui i rari momenti in cui la tecnologia non è solo ciò che crea un problema ma anche ciò che lo può risolvere, a conoscerla e volerla usare, si scoprono essere nei titoli di coda casi di product placement. Al pari dei suoi personaggi anche Genitori vs Influencer intende piegarsi dal lato della rete e della internet culture se capisce di poter ottenere del denaro.

Come dice il titolo la storia è quella di un padre professore di liceo, alla prese con una figlia che sogna di diventare influencer. Quando una delle sue prediche anti-social è postata dalla figlia stessa online e lui diventa un meme vivente, un personaggio della rete, il padre trombone che odia gli influencer. E ha successo. Entrerà così in contatto con Eleonora, l’influencer più potente d’Italia (interpretata da Giulia De Lellis). Il loro scontro anima di follower i rispettivi profili fino a che i due non capiscono di avere più in comune di quanto credano. La parabola è giustamente convenzionale e il fine ultimo è la distruzione e poi ricostruzione del rapporto sentimentale tra un padre e una figlia. Cosa che, a sorpresa, ad un certo punto sembra anche riuscire!

Esiste in questa storia una tenerezza tra Fabio Volo e Ginevra Francesconi che non è scontata in produzioni di questo tipo e che in certi punti scavalca una messa in scena che sembra non impegnarsi in niente, trovando pure qualche sprazzo di verità emotiva non scontata in quella terra arida che sono le commedie. Funziona abbastanza Fabio Volo (che non ha mai davvero imparato a recitare ma ha guadagnato un volto malinconico molto espressivo) e più che altro funziona Ginevra Francesconi (che dopo The Nest e soprattutto Regina sembra una garanzia: l’unica minorenne italiana che oggi sappia recitare).

Come detto però Genitori vs. Influencer fa di tutto per perdere senso e così questo piccolo gruzzolo emotivo lo disperde in fretta. Allo stesso modo il racconto che fa dei molti modi diversi in cui i rapporti tra esseri umani sono plasmati dalla mediazione tecnologica (non solo la presenza social ma anche il personal branding e poi il revenge porn, quindi il rapporto con il proprio corpo) e quelli in cui la tecnologia stessa può essere strumento di riscatto (per esempio per raccogliere una somma utile a non essere sfrattati) sembra partire bene ma in fretta è ricondotto verso la messa all’indice dei mali della rete: il principio più conservativo e quindi meno accattivante possibile da stare ad ascoltare. È chiaro che il padre interpretato da Fabio Volo faccia le sue prediche alla figlia, ma non si capisce perché il film debba farne anche ai suoi spettatori.

Come se non bastasse una questione di una casa da acquistare che condiziona tutta la seconda parte dell’intreccio si perde e non è più ripresa, ma anche le rotture indotte dalla tecnologia saranno riparate senza di essa, a bordo di una vecchia alfa da un gruppo di amici condomini (forse il più grande spunto di fantasia, quasi fantasy, del film: che i condomini si sacrifichino gli uni per gli altri). Alla fine l’importante, come sempre e ancora una volta, sarà affermare un desiderio di fuga dal presente e rifugio nella tradizione, il ripudio del moderno con i suoi modi, le sue novità e quindi opportunità, per l’odore della carta (che viene effettivamente menzionato) e i rapporti umani, i quali per Genitori vs. Influencer, è abbastanza chiaro alla fine, non possono esistere nel modo in cui vengono esperiti oggi ma solo come li abbiamo conosciuti fino a ieri.

Continua a leggere su BadTaste