Generation Zero vol. 2: Heroscape, la recensione
Abbiamo recensito per voi il secondo volume di Generation Zero, pubblicato da Edizioni Star Comics
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Sono irriverenti, curiosi e terribili gli adolescenti di casa Valiant. I Generation Zero, gruppo di giovani psioti allevato in segreto dal Progetto Spirito Nascente e recentemente liberatosi dal controllo dell’organizzazione militare, hanno fatto il loro esordio lo scorso autunno, in Italia, e la prima missione li ha condotti in Michigan; lì, l’attenzione di Cronus, Telic, Animalia, Cloud e dei gemelli Zygos è stata catturata dall’appello di Keisha Sherman, figlia dello sceriffo locale.
Cosa sareste disposti a sacrificare per un bene superiore? A Rook, qualcuno potrebbe rispondere "Tutto", persino la libertà, pur di vivere un’esistenza serena e senza affanni; un principio non condiviso dagli adolescenti di Generation Zero, che sono invece intenzionati a smascherare questo sistema marcio e salvare la vita dei loro compagni catturati. Per fare ciò devono entrare nell’Heroscape, una realtà immaginifica creata dal subconscio di ogni individuo, e raggiungere il centro nevralgico dell’imponente torre futuristica apparsa sulla città.
Le diverse sottotrame fin qui ordite dallo scrittore americano giungono alla loro risoluzione, ma purtroppo senza che venga conferito loro un adeguato approfondimento. In particolare, si avverte nell’ultimo capitolo una brusca accelerata impressa da Van Lente, che, per necessità o imposizione, è costretto a completare la sua opera in poche battute.
Se consideriamo l’ottima gestione di questo gruppo di adolescenti, dispiace veder svilite le potenzialità della serie. Presentati come il futuro della casa editrice, Cronus, Keisha e gli altri ragazzi si sono imposti con le tante sfaccettature del loro carattere, la loro passionale dedizione alla causa e i piccoli, grandi drammi che da sempre accompagnano l'adolescenza. Senza ricorrere mai a luoghi comuni o a una rappresentazione macchiettistica, Van Lente tratteggia personaggi intriganti e magnetici, che, un po’ alla volta si sono calati in un ruolo che certamente non hanno scelto.
La sensazione di occasione persa è forte, soprattutto dopo aver visto la maniera con cui l’anima thriller di Heroscape si apre a soluzioni narrative e grafiche di grande impatto: le atmosfere lynchiane avvolgono la cittadina di Rook in un intreccio volto a creare un quadro d’insieme accattivante. La struttura del racconto conquista sin dalle prime pagine, supportata dai disegni di Diego Bernard. Dopo aver chiuso il brossurato precedente, l’artista brasiliano caratterizza con il suo tratto asciutto il resto della serie, e la sua prova risulta sempre pulita nelle soluzioni adottate, ma diventa ancora più esaltante e convincente nelle sequenze psichedeliche in cui adatta il proprio stile alle esigenze narrative.
Non sappiamo cosa il futuro abbia in serbo per questo team, ma la speranza è che le ottime basi gettate da Van Lente non finiscano nell’oblio. Sarebbe un vero peccato.
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