Generation X #1, la recensione
Abbiamo recensito per voi il numero #1 del rilancio ResurrXion di Generation X, di Christina Strain e Amilcar Pinna.
Parallelamente alla “prima volta” dei nuovi arrivati reincontriamo alcune vecchie conoscenze destinate ad accompagnarci nel corso della serie, come Jubilee, Chamber e Quentin Quire, in varie gradazioni a metà strada tra il ruolo di studenti alle prime armi e X-Men - o aspiranti tali - veterani.
Se Kitty sembra cavarsela - almeno per ora - piuttosto bene sulle pagine di X-Men: Gold, rimediando con grinta e determinazione a ciò che ancora le manca in esperienza, per Jubilee il verdetto è ancora in forse, ed è probabile che la Strain abbia in mente per lei più un ruolo di anello di congiunzione e di raccordo tra i giovani studenti e il corpo insegnante che non un ruolo di mentore vero e proprio, a cui la stessa neo-mamma vampira non si sente ancora preparata.
Il primo numero di Generation X trascorre così, molto velocemente, tra incontri, chiacchierate e scaramucce per le aule e i giardini dell’Istituto Xavier di Central Park, al punto che l’unica scena d’azione vera e propria giunge solo nell’ultima pagina dell'albo, quasi come un ripensamento o un atto dovuto. Da un lato, questo lascia ben sperare per il futuro, in quanto - come già accaduto con il primo numero di Iceman - veder passare l’azione in secondo piano rispetto alle caratterizzazioni è un buon viatico per la serie; dall’altro, forse qualcosa non funziona del tutto a dovere, perché da un numero completamente dedicato alla presentazione dei personaggi e dei rapporti interpersonali si dovrebbe venir via con un’impressione un po’ più incisiva del cast dei protagonisti, e invece alcuni personaggi - specialmente quelli all'esordio, che pur risultano interessanti e dotati di un buon potenziale - non lasciano il segno. Ci sarà spazio per rimediare nei numeri a venire, ma in alcuni casi siamo abbastanza lontani dall’esordio scoppiettante di Kitty Pryde o della stessa Jubilee, la cui personalità era riuscita a imporsi da subito.
Buona la prestazione di Amilcar Pinna alle tavole, che si diverte sia a inserire una buona dose di sense of wonder nell’ambientazione dell’Istituto Xavier, scenario che alla buona parte dei lettori rischierebbe di apparire ormai scontato, sia nel tratteggiare espressioni ed elementi distintivi dei protagonisti. Forse a volte la resa di alcuni personaggi scivola un po’ troppo nel bambinesco, ma considerato che la giovane età del team è uno dei punti su cui la serie intende far leva, questa può anche essere una scelta funzionale alla narrazione.
Resta da segnalare un piccolo “equivoco”: quanto c’è della Generation X originale in questa serie? In realtà, meno di quanto si penserebbe: il cast è cambiato drasticamente, e uno degli elementi classici della serie originale, la presenza di Emma Frost come insegnante, è vistosamente assente. Ma paradossalmente, in mezzo a liti tra studenti, crisi di appartenenza al gruppo, incertezza sull’uso e sull’utilità dei propri poteri, qua e là si colgono graditi e affezionati echi di un altro grande classico delle saghe mutanti Marvel: Nuovi Mutanti. E, nonostante il titolo sembri rimandare a un altro pedigree, questo non sarebbe affatto un cattivo retaggio da recuperare in quella che si propone come la serie “teen” mutante per eccellenza.