Gemini Man, la recensione
Dietro un film di Hong Kong girato ad Hollywood con una nuova tecnologia c'è la più grande sperimentazione finanziata dagli studios dei nostri anni
Gemini Man: la recensione del film di Ang Lee al cinema dal 10 ottobre
Gemini Man è davvero un film-presentazione. Non uno showcase tecnico delle potenzialità del 3D+ (che poi sarebbe il 3D ripreso e proiettato, dove possibile, in HFR a 120 fotogrammi al secondo) o del motion capture, di cui abbiamo parlato quando abbiamo visto le scene in anteprima, ma un film che ne mette in scena il senso, ne mette in metafora i rischi e le implicazioni e cerca di fondare un’estetica per una nuova tecnologia.
Il resto del film lotta sovrapponendo la sua trama alle sue caratteristiche tecniche, perché punta su un’illuminazione naturalistica proprio mentre si trova per le mani una tecnologia che sottrae la patina mitica e distante al cinema. Il 3D+ porta con sé una più potente impressione di realismo (ma più che la profondità sono i 120 fotogrammi a fare la differenza), Ang Lee la cavalca e per questa storia in cui il falso si confonde con il vero, in cui un sicario scopre che c’è un se stesso giovane a dargli la caccia, va proprio a caccia di realismo con i diversi comparti della messa in scena. Ancora di più, in un film in cui uno dei due personaggi è interamente creato al digitale, Lee non cerca scuse né si rifugia nella color correction o nell’illuminazione enfatica, anzi rischiara tutto senza rinunciare allo spettacolo. Non copre né si nasconde ma espone il suo Will Smith giovane alla tecnica di ripresa e proiezione più realistica vista finora. Così tanto che in molti punti non ne uscirà bene, anche se nel complesso è evidente che solo un occhio molto allenato capisce la differenza tra personaggio vero e personaggio digitale.
Il punto è che come action movie Gemini Man è ben realizzato ma estremamente vecchio stampo, così tanto da infarcire il primo scontro tra i due protagonisti di specchi, metafore del fatto che i due scoprono in quel momento di essere uno lo specchio dell’altro. Certo, Ang Lee dimostra di sapere bene che nell’azione tutto quello che c’è di importante da dire lo si deve dire dentro l’azione e non nelle sue pause (che servono solo come convenevoli e corollari) e disegna molto bene i movimenti, con una passione giusta per il dinamismo. Però non riesce mai a coinvolgere davvero in questo dramma fantastico e iperrealista al tempo stesso, nonostante dia grande enfasi alla performance di Will Smith, buona senza dubbio ma non così tanto da reggere da sola il film. Alla fine il maggior punto d'interesse è come, dietro metafora, racconti cosa faccia Hollywood con i suoi attori.
La corporation che ha clonato il sicario e vuole sostituirlo con la sua copia più giovane per poter sfruttare all’infinito il migliore, plasmato fin da piccolo per essere efficiente e non dare problemi, è più o meno l’equivalente dei grandi studios pronti a clonare digitalmente i grandissimi attori o le loro versioni giovani, per uno sfruttamento prolungato di volti e corpi di richiamo e di successo, con minori fastidi e minori proteste per ruoli marginali.
Per sapere dove vedere Gemini Man in 3D+ vi rimandiamo al sito ufficiale