Gasoline Rainbow, la recensione

Il nuovo film dei Ross è l'epica americana (e tolkieniana) del viaggio in salsa Gen Z. E nonostante qualche ingenuità convince.

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La recensione di Gasoline Rainbow, il nuovo film dei fratelli Ross in arrivo su MUBI il 31 maggio.

Quando in una scena di Gasoline Rainbow, film su una compagnia di amici in viaggio, un personaggio chiede a Siri di far partire il Tema della Contea del Signore degli Anelli, potrebbero succedere due cose opposte. E in realtà succedono entrambe, anche se per fortuna non nello stesso grado. Da una parte viene da alzare gli occhi al cielo per l’ovvietà di una scelta così paraventa, come lo è un po’ tutta la colonna sonora (ma c’è un senso in questa dimensione playlist). Dall’altra però quando si sentono le note di Howard Shore un piccolo brivido arriva. Non solo per la bellezza incredibile di quel tema. Ma perché almeno un po’, senza gridare a nessun miracolo, quella dimensione cameratesca del grande “road movie fra amici” il film l’ha raggiunta.

Cinque ragazzi/e all’ultimo anno di liceo partono per un viaggio in furgone attraverso i paesaggi solitari dell’Oregon. Obiettivo Portland, dove su una spiaggia si terrà un mega rave party intitolato “la fine del mondo”. Con tutta la sua estetica Gen Z Gasoline Rainbow è chiaramente un film che affonda radici in alcuni grandi archetipi del cinema americano su viaggio e amicizia. La traversata mitica verso una festa rimanda a quella verso il Mardi Gras di Easy Rider. L’ansia esistenziale dell’high school che finisce ad American Graffiti (entrambi film pieni zeppi di canzoni). L’estate fatale il cui ricordo cambia e segna ragazzi in crescita è molto Stand by Me.

Ma Gasoline Rainbow appartiene anche a una tradizione “filantropica” di certo cinema indie americano, primo fra tutti Richard Linklater con film come Slacker (1991). Film dove autori più o meno post-adolescenti trattengono la scintilla di entusiasmo di persone più giovani di loro, esplorando l’America in lungo e in largo con una fame di vita, di affetto, di conversazioni e persone che se potessero li porterebbe a incontrare tutto e tutti. E’ questo il vero cuore del film dei Ross, che mentre medita in modo non sempre originalissimo sulle impasse dell’adolescenza e degli Usa di oggi trova però il respiro di una famiglia allargata credibile, umana e a tratti davvero commovente.

Proprio qui si rivelano i tratti generazionali di un film per altri versi così “classico”. La cattiveria della compagnia tutta maschile del già citato Stand By Me non potrebbe essere più lontana dal senso di affetto e dolce sodalità del gruppo misto e fluido (maschi e femmine, queer e non queer, vario anche razzialmente) di Gasoline. Non possono che essere contemporanei in particolare i personaggi maschili, che si parlano, si sostengono anche fisicamente, non temono di aprirsi al pianto e di lasciarsi andare a gesti affettuosi. Tutto sommato un film che ha qualcosa da dire sul mondo che racconta, e che pur nella sua derivatività trova un linguaggio efficace per dirlo.

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