Game of Thrones 7x07 "The Dragon and the Wolf" (season finale): la recensione

La recensione del finale di stagione di Game of Thrones, intenso ed emozionante, proietta tutti i personaggi verso l'epilogo della saga

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Spoiler Alert
Noi siamo le storie che ci raccontiamo. E quelle storie saranno sempre le stesse. Cambiano i nomi, i luoghi, i media, ma il resto no. E quella del drago e del lupo è una storia che giunge da lontano, una delle più classiche che si possano narrare. L'unione proibita da cui scaturisce l'eroe promesso, all'oscuro delle proprie origini, relegato ad una condizione di stallo finché componenti esterne non giungeranno a risvegliarlo. Allora la nobiltà d'animo si fonderà con un adeguato retaggio, e i venti del destino si incontreranno con la necessità di scolpire il proprio cammino liberamente (concettualmente non esiste differenza tra Jon Snow e Luke Skywalker). E gioca molto su predestinazione e ritorni ideali il season finale della settima stagione di Game of Thrones, intitolato The Dragon and the Wolf. Più focalizzato sui singoli scambi, ed estremamente soddisfacente, si tratta del miglior episodio della stagione.

Si narra una storia che, giunta ad uno snodo centrale, riscopre e rilancia conflitti mai sommersi, forte del bagaglio di relazioni intessute nelle stagioni precedenti. Le delegazioni guidate da Daenerys, Jon e Cersei si incontrano in un luogo che neutrale non è, ma che lo diventa per assimilazione. L'arena in cui vennero di fatto contenuti i draghi, condannati così al deperimento nel lungo periodo, diventa una sorta di non-luogo in cui la narrazione si staglia per circa metà del lungo episodio. E altre sono le catene che tengono bloccati i contendenti. Odio, diffidenza, rancore. Ma su tutti questi sentimenti si erge quello più forte della paura, e una necessità stringente, quella di evitare che sul mondo cada la mano dei morti.

La scrittura di Benioff e Weiss puntella ogni incontro/scontro giocando sulla tensione di conflitti congelati necessariamente in una debole tregua. Pochi sguardi distratti, alcuni scambi a far respirare il faticoso contenimento della rabbia, delle parole non dette, del dolore per ciò che è accaduto e che inevitabilmente accadrà. Alcuni di questi momenti saranno meno funzionali di altri, come l'immancabile foreshadowing del Cleganebowl, ma generalmente si tratta di situazioni soddisfacenti. Alla frenesia instancabile e istantanea delle puntate precedenti, il season finale di Game of Thrones oppone quindi una riscoperta del valore delle parole sulle immagini.

E non è che la sequenza in sé sia priva di momenti di un certo impatto. L'arrivo studiato di Daenerys, la corsa del non-morto verso Cersei, il ritorno di quest'ultima dopo il dialogo con Tyrion. Ma, come tutto il resto ormai, si tratta di momenti che valgono sempre oltre la misura di ciò che raccontano, proprio perché veicolati da personaggi che hanno oltrepassato i loro limiti e che sono capaci di infondere enorme forza narrativa ad un'azione come ad uno sguardo. E ciò vale per estensione per la serie che ne racconta le gesta ora eroiche ora subdole. Tra tutti i piccoli scambi ci fa particolarmente piacere quello, pur breve, tra Brienne e Jaime, che ci riporta ad un momento determinante per entrambi i personaggi. Più randomico quello iniziale che vede Euron imporsi nella discussione e minacciare Theon.

Entrata spettacolare a parte, Daenerys viene messa in secondo piano. In realtà è lei stessa a porsi in questo modo fin da subito, scusandosi con Cersei per il ritardo senza fornire alcun appiglio, intervenendo nella discussione solo con poche parole e solo per rafforzare concetti espressi da altri. Jon rimane figlio di suo padre – o almeno del padre che l'ha cresciuto – e ancora una volta il suo onore e il suo rifiuto al compromesso rischiano di metterlo in difficoltà. Ma qui i riflettori sono soprattutto su Cersei. Tutto dalla costruzione del segmento ai dialoghi le restituisce una centralità che il personaggio assume senza fatica, forte dell'estrema complessità che sta vivendo su di sé.

È una madre, nel momento in cui il non-morto corre verso di lei e la vediamo perdere un po' della freddezza che la contraddistingue. È una regina, nel momento in cui oppone ad ogni istinto di sopravvivenza e, diciamo, buon senso, il desiderio di mantenere il potere anche dopo la guerra. È una donna innamorata, nel momento in cui non riesce a fermare Jaime, che si allontanerà una volta messo a conoscenza dei suoi propositi. La scena con Tyrion, miglior dialogo dell'episodio e forse della stagione, riassume tutto ciò, cavalcando come dicevamo vecchi conflitti, ormai incastonati nella mitologia della serie come tutto il resto, e restituendoci un confronto forte e privo di maschere.

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Non sarà l'unica maschera a cadere. Ditocorto infine va incontro al suo destino di fronte alla ritrovata fiducia tra gli Stark. Petyr Baelish è il personaggio che più di tutti ha incarnato l'anima fantapolitica di Game of Thrones, quella degli intrecci, delle mosse azzardate e del “gioco dei troni” propriamente detto. Qui probabilmente ha fatto il passo più lungo della gamba e ne ha pagato le conseguenze. Scopriamo con un colpo di coda che era stato lui ad armare il sicario che aveva attentato alla vita di Bran, e tutto il male che ha compiuto nel corso degli anni gli ritorna indietro con forza, restituendoci infine un personaggio sconfitto e umiliato.

Non tutto nell'esecuzione è fluido sia come tempistiche sia alla luce di alcune scene a Grande Inverno viste nelle scorse settimane, ma anche qui conflitti di altro tipo incombono, più roboanti e grandiosi. Le macchinazioni del personaggio, sagoma nell'ombra e profilo basso, appartengono ad altri luoghi e ad altri tempi, e non hanno più spazio qui. Lo diciamo sottovoce, data l'opinione impopolare, ma un poco ci mancherà.

L'orizzonte degli eventi degli Stark ha la misura di ciò che riescono a vedere. La piana del Nord si stende silenziosa e immota di fronte agli sguardi di Sansa e Arya, che nel nemico comune hanno rinnovato il loro legame. Ma Bran non è con loro, vola già in alto, oltre il tempo e lo spazio, racchiudendo con il suo sguardo gli ultimi due colpi di scrittura della stagione. Jon Snow è figlio di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark, il matrimonio è legittimo, e il suo vero nome è Aegon Targaryen. Nulla di tutto ciò, nome a parte, è nuovo per noi, ma qui la scrittura ha voluto percorrere sentieri netti e precisi, al tempo stesso unendo le rispettive conoscenze di Bran e Sam e ricostruendo la mitologia alle spalle dell'eroe per scelta, che forse lo era anche per nascita.

La costruzione della storia romantica tra Daenerys e Jon era una delle missioni della stagione, e si può dire che l'obiettivo sia stato raggiunto con successo. Si tratta di due personaggi che riescono a trasmettere bene il sentimento che provano l'uno per l'altro. Jon si conferma come la pietra angolare, ancor più di Daenerys forse, nella mitologia della saga, l'unione ideale tra ghiaccio e fuoco e, richiamandoci al titolo dell'episodio, tra drago e lupo. Se conflitti familiari sorgeranno, questi sono rimandati alla prossima stagione, e al momento della scoperta delle nobili origini del personaggio.

La settima stagione di Game of Thrones si chiude così, su un epilogo sul quale si poteva scommettere ancor prima dell'inizio della stagione. Potremmo dire che il fatto che la Barriera crolli indirettamente a causa del drago portato sul posto da Daenerys non è il massimo dell'eleganza di scrittura. Ma, come per tutto il resto, la messa in scena e la potenza del momento ripagano di ogni forzatura, o quantomeno in questo caso lo fanno senza dubbio. Il crollo della Barriera è solo l'ultimo di una serie di eventi che hanno condotto Game of Thrones, già dalla fine della sesta stagione, verso l'epilogo inevitabile. Un'idea di mutamento epocale che, come nella migliore tradizione fantasy, si appoggia sulla mitologia di quello stesso mondo.

Che dire su Game of Thrones e su questa stagione in particolare che non sia già stato detto? Al di là di qualunque considerazione critica su tempistiche, leggerezze e forzature varie, è una grande esperienza condivisa, una delle più importanti degli ultimi anni. È una storia che ci fa piacere raccontare e veder raccontata, che nel tempo ha assunto una propria dimensione che l'ha resa classica ancor prima del suo completamento. E alla quale torneremo un'ultima volta, per assistere all'epilogo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.

Per confrontarvi con altri appassionati della saga, vi segnaliamo la pagina Game of Thrones – Italy.

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