Game of Thrones 7x03 "The Queen's Justice": la recensione
Gli eventi si fanno più serrati, incontri e scontri a lungo attesi si alternano nel terzo, intenso, episodio della stagione per Game of Thrones
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Come in una delle citazioni più importanti della puntata, pronunciata da Bran, molto stratificata: “I can see the past and present, all that's happened and all that is happening”. Qui Bran si riferisce evidentemente al ruolo di guardiano del destino del Corvo a Tre Occhi, ancora una volta ai piedi dell'albero bianco che veglia sul Nord. Eppure nell'aspra fortezza degli Stark simili parole riecheggiano come qualcosa che già abbiamo udito per bocca di Ditocorto quando, sussurrando alle orecchie di Sansa, parla della garanzia del successo come capacità di osservare l'interconnessione di ogni possibile serie di eventi come qualcosa che accade nello stesso momento.
Tutte queste considerazioni più grandi non tolgono nulla alla godibilità immediata della storia. Ed è difficile trattenere l'emozione di fronte all'incontro, voluto, desiderato, cercato, sognato, tra Jon Snow e Daenerys Targaryen. La narrazione è secca, ma efficace. C'è necessità e asprezza nelle parole dei due, ma quel che vediamo è molta concretezza e poca retorica. Giustamente c'è molta diffidenza, ma vediamo anche rispetto e maturità da parte di sovrani che, se da un lato rifiutano di riconoscere il titolo dell'altro, dall'altro mettono da parte le loro diffidenze, anche grazie all'intercessione di Tyrion, che si rivela utilissimo.
Sempre a proposito della gestione del tempo in Game of Thrones, ne abbiamo un esempio particolare nel tipo di racconto della presa di Castel Granito. Tyrion, citando Bronn a un certo punto, racconta tutto in tempo reale, con una tecnica narrativa che sembra uscire fuori da un “heist movie” e che ci mostra gli Immacolati infiltrarsi nella fortezza dei Lannister per aprire le porte agli altri. Vittoria di Pirro in definitiva, dato che il solito Euron ne approfitterà per materializzarsi alle spalle della flotta di Daenerys per intrappolare gli Immacolati sul continente. La scena è molto buona e compensa le poche immagini che poco dopo ci raccontano la presa di Alto Giardino da parte dei Lannister (ma non importa, altre saranno le battaglie a cui verrà dato ampio spazio).
Il gioco del bilanciamento a tutti i costi delle forze in campo si è praticamente compiuto. I Martell, i Tyrell e i Greyjoy ribelli non posso più dare aiuto a Daenerys. A questo punto probabilmente Daenerys darà ascolto alle ultime parole di Olenna e deciderà per l'attacco contro la capitale. Tutto come da manuale, ma alla base rimane una certa forzatura nei rapporti di forza che deve servire un certo scopo finale (Euron è inarrestabile, i Tyrell crollano in un batter d'occhio). Questa è la cornice da cui non si può fuggire, il collo di bottiglia di una storia che deve tendere a un certo finale ed è meno libera di quello che vorrebbe far credere. Eppure in quegli spazi di originalità che dicevamo prima Game of Thrones riesce sempre a soddisfare.
La scena tra Ellaria e Cersei, con Tyene come vittima per quanto accaduto a Myrcella, è molto scontata, ma è anche interpretata e scritta molto bene. Ci aspettiamo la furia della Montagna, e invece Cersei ripaga la sua nemica con la stessa moneta. L'uscita di scena di Olenna poi è quanto di più soddisfacente si potesse immaginare. Anche qui, nessuna sorpresa, ma è encomiabile la dignità di questo personaggio che anche nella sconfitta e nella morte (veleno buttato giù come un bicchier d'acqua) riesce a prendersi l'ultima soddisfazione su Jaime e Cersei, confessando l'omidicio di Joffrey.
Bran, infine, è distante. Completamente immerso nel mondo che lo circonda, più di qualunque altro essere umano, eppure così distaccato e perduto nella propria missione, in ciò che gli ultimi anni hanno fatto di lui. In questo è uguale a sua sorella Arya, uno Stark che tende a Grande Inverno come la culla di tempi passati, mura e alberi familiari per i “figli dell'Estate” che ormai hanno conosciuto l'inverno.
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