Game of Thrones 7x02 "Stormborn": la recensione
Si alza il ritmo della storia in Game of Thrones con l'episodio Stormborn: il passato ritorna sotto più forme e tutto tende verso un grande epilogo
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Il conflitto invisibile consiste sempre nel dover narrare una storia che ha un suo sviluppo previsto e prevedibile, attraverso un linguaggio che lasci spazio alla naturalezza dei personaggi. E tutto questo, che rimane la chiave ideale di ogni forma di racconto sensato, si scontra con un elemento di difficoltà maggiore una volta che prendiamo coscienza di un semplice fatto: Game of Thrones è finito. Attenzione, non nel senso qualitativo (tutt'altro, e l'intensità di questo episodio lo dimostra), ma nel senso che nel passaggio tra la sesta e la settima stagione ha scavalcato la maggior parte dei blocchi narrativi che agitavano la parte centrale, quei conflitti che tradizionalmente tenevano banco nelle discussioni.
Tutto, fin dal titolo e dalla prima scena dell'episodio, comunica un senso di chiusura e di ritorno nel senso più ampio del termine. È la storia a ripetersi, con un Targaryen che con i suoi tre draghi si muove sulle orme dei suoi antenati pronto a conquistare Westeros partendo dalla Roccia del Drago. Sono le situazioni a ripetersi, con una visita alle tombe di Grande Inverno da parte di Jon Snow e Ditocorto, che inevitabilmente ci riporta alla lontanissima discussione di Robert e Ned. Tornano i personaggi, con Arya che si imbatte prima in Hot Pie e poco dopo in Nymeria, allontanatasi dopo l'aggressione a Joffrey. Perfino Sam, in un dialogo con il maestro che sta scrivendo una storia sui tumulti dopo la fine di Robert, sembra essere sul punto di suggerire un titolo più accattivante, magari “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”.
Idem per le discussioni strategiche in quello che potremmo definire il concilio di Daenerys. Tyrion appare come la voce della ragione, gestisce le alleanze, interpreta il sentimento popolare, comprende le esigenze di una conquistatrice che deve apparire come una liberatrice. A voler trovare un difetto, l'omicidio di Myrcella ad opera di Ellaria è un elefante nella stanza quasi ignorato, soprattutto a fronte del lungo discorso tra Daenerys e Varys, che forse sarebbe stato più logico risolvere prima di arrivare sul continente.
L'incontro tra Arya e Nymeria è un confronto che va a chiudere un filo rimasto scoperto (a proposito, chissà se rivedremo mai Gendry) e che ha un certo valore simbolico. È una sorta di “richiamo della foresta” in cui il metalupo di Arya ormai si identifica con ciò che la natura ha fatto di esso, una guida per un branco di lupi. Nonostante il riconoscimento, l'invito ad andare a Grande Inverno viene accolto con un rifiuto, e le parole di Arya “that's not you” sembrano quasi rivolte più a se stessa che alla sua vecchia amica. Comunque vada a finire, la Arya di adesso non sarà più la Arya del passato.
La restante parte dell'episodio è dedicata al necessario, ma ammirevole e riuscito tentativo di equilibrare le forze in campo. Appena due episodi, e nonostante il manifesto svantaggio di Cersei, che tutti i contendenti riconoscono, si sta lavorando per costruire un conflitto che già avvertiamo come concreto. La corona è riuscita a insinuare il dubbio tra gli alfieri dei Tyrell, facendo leva sulla presunta barbarie degli alleati di Daenerys e puntando in particolare sui Tarly. I Martell sono senza una guida dopo l'attacco a sorpresa di Euron alla flotta di Yara, e quindi anche gli stessi Greyjoy alleati sono in rotta. Rimangono i draghi, ma dopo una presentazione così d'impatto della balestra di Qyburn, ci aspettiamo che almeno uno dei draghi di Daenerys cada nell'attacco.
Euron ha trovato il pegno da portare a Cersei come prova della sua lealtà, e qui sì che l'uccisione di Myrcella avrà un suo peso. La fuga di Theon sinceramente è un po' deludente. Il cammino del personaggio non si interrompe qui, e ci aspettiamo altre occasioni di riscatto, ma in qualche modo questo era il momento decisivo, e comunque vada a finire questa scelta rimarrà come una macchia che non potrà essere lavata a meno di avere il più grande dei sacrifici. Se i Tyrell, i Martell e i Greyjoy verranno messi fuorigioco, a Daenerys non rimarrà altro da fare che lasciar perdere la strategia di Tyrion che includeva Castel Granito e dirigersi con la sua armata contro Approdo del Re. Peraltro dando un senso al discorso, forse l'ultimo, pronunciato da Olenna.
Mentre il gioco del montaggio ci trasporta dalla Roccia del Drago alla Cittadella e ancora ad Arya, tramite associazioni d'idee già sperimentate in precedenza, Game of Thrones è già nel pieno dello svolgimento stagionale, una corsa contro il passato e verso il futuro.
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