Game of Thrones 6x09, "Battle of the Bastards": la recensione

Arriva l'episodio più atteso per Game of Thrones: Stark e Bolton si fronteggiano nella grande battaglia per il Nord

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Spoiler Alert
Doveva essere la battaglia dei bastardi, e invece alla fine sono state due donne a prevalere. Questa, insieme all'apparizione di Meereen, è stata l'unica vera sorpresa di Battle of the Bastards, l'attesissimo nono episodio della stagione per Game of Thrones. Nono episodio che conferma la tradizione della serie che, fin dalla decapitazione di Ned Stark, riserva per la penultima puntata gli eventi più eccezionali. Stavolta a tenere banco è la battaglia del Nord, l'ultima prima dell'arrivo degli Estranei. Gli Stark, i Bolton, i bruti (e qualcun altro) si affrontano sul campo di battaglia per decidere chi governerà Grande Inverno. L'episodio doveva essere monumentale, e quello che abbiamo visto è stato grandioso, anche se era molto difficile reggere il peso delle aspettative.

È il volto di Jon Snow quello che emerge a fatica nel caos della battaglia come quello di un uomo che cerca di tornare a galla in mezzo a una marea di corpi per prendere il respiro. Quella tregua che lo scontro non offre, costruendo un'escalation di violenze che culmina nell'accerchiamento sulla pianura. La regia di Miguel Sapochnik, che aveva già diretto Hardhome, non concede respiro tanto ai combattenti quanto agli spettatori, limita le panoramiche – sempre molto chiare nell'illustrarci l'andamento della battaglia – e si focalizza sulla massa dei corpi urlanti. Quello di Ramsay che continua a ordinare agli arcieri di far piovere morte, quello di Jon ricorperto di sangue che cerca di raggiungere il nemico, quello di Tormund o di Davos che lottano per sopravvivere, quello di Wun Wun ricoperto di frecce.

E in tutto questo corpi straziati, masse di cadaveri che diventano, un po' casualmente, un muro da scavalcare, tanta disperazione. Dopo tanti anni dovremmo esserci emancipati da qualunque paragone con il Signore degli Anelli, ma fa sempre un certo effetto vedere come Game of Thrones rilegge a modo suo ogni svolta. Qui è l'arrivo, molto prevedibile, di Ditocorto e dei cavalieri degli Arryn, che ribaltano le sorti della battaglia nel momento in cui tutto è perduto. Eppure quanto è grande la differenza stilistica rispetto a un Gandalf che cala sulla piana di fronte al Fosso di Helm o ad Aragorn che guida i morti sui campi del Pelennor.

C'è sempre un'ombra su ciò che accade, l'idea di un compromesso al quale bisogna cedere per poter prevalere

C'è sempre un'ombra su ciò che accade, l'idea di un compromesso al quale bisogna cedere per poter prevalere, perché il bene, comunque, non può mai vincere del tutto. Per eliminare un nemico terribile, Sansa deve affidarsi necessariamente a un altro, più infido e manipolatore. Jon e Sansa sono idealmente molto lontani in questa puntata, ci sono segreti, sfiducia e frustrazione tra di loro. Grande Inverno è stato riconquistato, ma non c'è gloria in tutto questo, solo la promessa di tempi più bui.

E in generale è questo il tono della battaglia. L'attacco ad Approdo del Re aveva momenti più esaltanti, mentre la battaglia alla Barriera giocava molto su singoli momenti riusciti. Questo è uno scontro sporco e maledetto, dove emergono almeno due momenti eccezionali (un momento di confusione nella battaglia e Jon Snow che cerca di rialzarsi), ma dove sono la furia e la rabbia a guidare ogni cosa. Ramsay in tutto questo è il motore dell'odio, la nemesi perfetta, e lo dimostra ancora una volta uccidendo Rickon per spingere Jon allo scoperto. Vederlo morire fra atroci sofferenze, con tanto di sorriso finale di Sansa, è un sottile piacere costruito nell'arco di molte stagioni.

Jon è finalmente la figura battagliera che volevamo vedere, ma è Sansa che emerge come vincitrice, anche un po' egoista, nello scontro. Pronta a sacrificare Rickon, a tenere nascosta l'arma segreta a Jon, a rivolgersi a Ditocorto pur di poter vincere. Egoista, o forse semplicemente una persona che ha capito le regole dello scontro.

Credevamo che la battaglia avrebbe occupato l'intero episodio, e invece voliamo anche a Meereen per vedere, con nostra somma soddisfazione, la conclusione della storyline di Daenerys nella baia degli Schiavisti. Comprensibilmente alterata per le decisioni di Tyrion, la Regina decide di darci un taglio con la faccenda dei Padroni, reggendo con una mano i draghi e con l'altra i dothraki. Fa un certo effetto vedere Viserion e Rhaegal gettarsi all'attacco dopo aver sentito il ruggito di Drogon, e l'incontro con Theon e Yara è quanto di più soddisfacente potessimo chiedere a questo punto in cui la partenza non può più essere rimandata. È bello il modo in cui, con poche linee di dialogo, si definiscono motivazioni e rapporti nel gruppo. Possiamo sperare che la scena finale dell'ultima puntata vedrà finalmente Daenerys partire per la meta più attesa.

Riflessioni sparse:

  • Spettro non pervenuto.

  • A proposito di Ramsay e Rickon, ma perché in queste situazioni nessuno pensa mai a correre a zig zag?

  • Davos trova nella neve l'animale intagliato di Shireen. I chiarimenti tanto attesi con Melisandre potrebbero arrivare presto.

  • L'orientamento sessuale di Yara è stato introdotto di recente solo per anticipare la tensione sessuale con Daenerys in questa puntata?

  • E quindi, continuando con questo ragionamento, Tyrion ha ritenuto opportuno ricordarci dell'Altofuoco nascosto nella capitale solo per anticiparci il piano di Cersei della prossima settimana?

  • Ramsay: "I'm part of you now". Questo potrebbe essere tremendamente vero...

La sesta stagione di Game of Thrones va in onda su Sky Atlantic HD la notte tra la domenica e il lunedì alle 3:00 in simulcast con la HBO, e successivamente in replica alle 22.10 del lunedì in lingua originale sottotitolata. Da lunedì 2 maggio alle 21.10 la serie debutterà in Italiano su Sky Atlantic HD e sarà disponibile su Sky On Demand e Sky Online.

Per confrontarvi con altri appassionati della saga, vi segnaliamo la pagina Game of Thrones – Italy.

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