Game of Thrones 6x04 "Book of the Stranger": la recensione

Game of Thrones continua a riunire i personaggi, lavorando su piccole immagini e grandi scenari: ecco la recensione del quarto episodio della sesta stagione

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Spoiler Alert
Un uomo che "scuoia" una mela, un vecchio che accentua una finta zoppicatura, un ragazzo che getta a terra arco e frecce. Per essere una serie che ha così tanto da raccontare, e così tanti personaggi a farlo, Game of Thrones ha dovuto necessariamente imparare a perfezionare negli anni l'arte dell'immagine e dei simboli. Cioè costruire su un momento generico un sistema di interpretazioni forti, che ci permette di capire più di quello che si offre alla vista. Book of the Stranger, come abbiamo visto, offre parecchio allo spettatore da questo punto di vista, ma è anche un episodio molto soddisfacente dal punto di vista delle rivelazioni e dell'avanzamento della trama.

La convergenza di storie e personaggi è uno degli elementi più ricorrenti di questa stagione. Siamo ben lontani dal finale, ma nell'incontro tra Sansa e Jon possiamo vedere uno degli snodi fondamentali per risolvere la questione del Nord. In altri momenti Sansa e Brienne avrebbero continuato a vagare chissà dove e per quanto tempo, in altri momenti Jon avrebbe lasciato il Castello Nero prima dell'arrivo della sorella. Ora invece le "quest" individuali iniziano a trovare la loro giusta conclusione e collocazione all'interno della storia più grande, come è giusto che sia. A prescindere da quello che accade, e dal fatto che la scrittura la scorsa settimana ci aveva dato la sensazione che Jon se ne fosse andato dal Castello Nero, vedere Sansa tra i Guardiani della Notte è una sensazione forte.

Lo è perché va a scardinare lo scenario del luogo più isolato e immobile di Westeros. Un luogo che per cinque anni siamo stati abituati a vedere in un certo modo e che ora si apre a nuove sfide. Arriva una lettera - che aveva un corrispettivo, per vari aspetti diverso, nei romanzi - e la conferma che Rickon è nelle mani dei Bolton. Tormund, che ormai è di casa, sembra disposto a offrire i suoi duemila uomini in battaglia, anche perché sa che la faccenda lo riguarda direttamente, ma lo scontro è ancora impari.

La risposta potrebbe giungere dalla Valle, dove un redivivo Petyr si ritaglia il solito posto nelle macchinazioni del potere e della guerra. Ormai governatore "de facto" del territorio degli Arryn, può muovere il sempre debole Robin come meglio crede, sfidando i Bolton sul loro stesso territorio. Per lui – ma in realtà per tutti gli avversari di Ramsay – la morte di Roose è naturalmente un vantaggio insperato, il momento che segna l'inizio della caduta degli uomini scuoiati. Petyr non perde un colpo, non sbaglia una mossa, basti vedere come nel momento in cui viene debolmente minacciato da Royce gli rivolta in un secondo le accuse contro. Se tutto va come deve andare, sarà la mano di Sansa e punirlo in futuro.

Approdo del Re in tutto questo è il groviglio schiacciato tra i conflitti del Nord e quelli di Meereen. Nettamente meno interessante, comunque meno risolutivo e importante. Qualunque sia la soluzione per il Trono di Spade, non passa dai personaggi coinvolti in questo momento nel conflitto alla capitale. Gli Sparvieri, nonostante la loro relativa tranquillità, non potranno resistere alla marea che si sta alzando su di loro. Qualunque idea di colpo di Stato e massacro generalizzato viene rimandata ad un altro momento – meno male, di improvvise prese del potere ne abbiamo avute abbastanza – e i Lannister e i Tyrell sono pronti a usare le armi contro i sacerdoti.

E veniamo infine a Daenerys e soci, che fino ad ora, diciamolo, non avevano brillato. Il "nodo di Meereen" era la scogliera contro cui si era schiantata la scrittura dei romanzi, ed era importante uscirne al più presto, o quantomeno dare l'impressione di avere una direzione netta da prendere. Book of the Stranger offre l'uno e l'altro, tra eventi più o meno prevedibili. È chiaro che si vuole raccontare a distanza il conflitto tra i due diversi approcci di Tyrion e Daenerys al problema, più diplomatico il primo, più violento il secondo. Per buona parte dell'episodio siamo portati a credere che la strategia di Tyrion sia quella vincente: in fondo questo è il suo campo, e lui non sbaglia una virgola nel trattare con i crudeli padroni.

Ma, cosa succede a questo punto? Le obiezioni di Verme Grigio e Missandei sembrano messe lì per avere un seguito, e poi c'è un altro punto da tenere in considerazione. Questa è la storyline di Daenerys, non di Tyrion, ed è difficile che la serie come ha fatto in altri momenti metta sotto i riflettori l'intelligenza del nano a discapito di quelli che gli stanno intorno. Ecco infatti che Daenerys si riprende nel finale la luce sotto i riflettori. Ma non sono luci normali, è una pira nella città dei dothraki, ed è la Non Bruciata quella che esce immune dalla costruzione in fiamme. Perché è giusto che Daario e Jorah provino ad aiutarla e siano lì in quel momento, ma è ancora più giusto che Daenerys ce la faccia con le sue sole forze. Questo è il personaggio che vogliamo vedere, diverso dalla donna che si limitava a elencare titoli nelle scorse puntate. Ora è il momento di ripartire, verso la baia degli Schiavisti per sistemare quanto rimasto in sospeso. E da lì in poi la strada è una sola.

Riflessioni sparse

  • Che bello vedere l'abbraccio tra Sansa e Jon. Sembrano passati mille anni – e forse lo sono – da quella lontana cena a Grande Inverno, ma la scrittura riesce a convincerci che esista tra di loro un forte legame.

  • Dopo due episodi possiamo dire che la resurrezione di Jon non ha portato particolari cambiamenti al personaggio, ma è stata assorbita presto dalla storia. Avreste preferito qualche passaggio più graduale?

  • Forse era un conflitto di cui la serie in questo momento non aveva bisogno, ed è per questo che gli autori ci sono passati sopra, ma è comunque un po' strano che Davos aspetti così tanto tempo per chiedere chiarimenti su Shireen.

  • Shippiamo fortemente Brienne e Tormund!

  • Daenerys quindi immune al fuoco. Ovviamente lo sapevamo, ma fa sempre un certo effetto. Il momento Carrie è gestito in modo strano all'inizio, con la costruzione che prende fuoco in un secondo e nessuno che corre verso Daenerys. Se possiamo passare sopra un po' di teatralità e inverosimiglianza, la grande scena finale ci ripaga.

  • Dopo la salsiccia di maiale della terza stagione, possiamo dire che Ramsay ha una strana ossessione nell'usare le cibarie come simboli. La mela "scuoiata" nella scena con Osha ne è un esempio.

  • Theon torna a casa, un uomo completamente diverso rispetto all'ultima volta che ci era stato. Nonostante tutto quello che ha fatto, è difficile non provare empatia con questo personaggio. Vorrebbe aiutare Yara nell'Acclamazione, ma Euron sembra un avversario difficile da battere.

  • È stata la migliore puntata in assoluto sui Martell, ma il fatto di non essere in scena nemmeno per un secondo potrebbe averli aiutati.

La sesta stagione di Game of Thrones andrà in onda su Sky Atlantic HD la notte tra la domenica e il lunedì alle 3:00 in simulcast con la HBO, e successivamente in replica alle 22.10 del lunedì in lingua originale sottotitolata. Da lunedì 2 maggio alle 21.10 la serie debutterà in Italiano su Sky Atlantic HD e sarà disponibile su Sky On Demand e Sky Online.

Per confrontarvi con altri appassionati della saga, vi segnaliamo la pagina Game of Thrones – Italy.

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