Game of Thrones 6x02, "Home": la recensione

Ottima puntata per Game of Thrones: tra risposte attese e colpi di scena, un episodio fondamentale per la grande storia raccontata

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Spoiler Alert
What is dead may never die

Predicando la vita e corteggiando la morte, i personaggi di Game of Thrones si muovono in un limbo di possibilità inesplorate, suggerite, anticipate. A volte, non definitive. Il viaggio verso casa, la stessa da cui Home prende il titolo, si rivela tortuoso e traumatico. Una strada che trapassa con una lama i vincoli familiari, le barriere del tempo e dello spazio, i limiti stessi della morte. Nel raccontarci tutto questo, la serie della HBO fa della grande narrazione, decisamente più soddisfacente del ritorno della scorsa settimana, che ora ancora di più possiamo rileggere come classico rientro dello show. Un secondo episodio denso di avvenimenti, soddisfacente, ben scritto, che sempre di più ci racconta una storia che si prepara ad entrare nella sua fase finale.

Il primo, ampio segmento, ci racconta l'addestramento di Bran con il Corvo a tre occhi. Ritroviamo la storyline dopo la pausa – necessaria – dello scorso anno, ma è evidente che è trascorso del tempo oltre la Barriera. La serie ha deciso di non raccontare l'impatto, immaginiamo traumatico, di Bran con il personaggio interpretato da Max von Sydow, ma di gettarci nel pieno degli eventi. Eventi di un passato lontano e perduto a Grande Inverno, dove Ned si allena con Benjen e dove Lyanna può apparire all'improvviso dando corpo e forza a quel fantasma di cui si parlava tanto tempo fa nelle cripte del palazzo, un passato dove il giovane stalliere Willis ancora non era Hodor (la scrittura sembra puntare sulle motivazioni che l'hanno reso così, forse avremo una spiegazione). Non c'è nessuna spiegazione o approfondimento sul tipo di magia eseguita qui, ma l'esecuzione è semplice e immediata per lo spettatore, che tra l'altro potrebbe ripensare alle molte scene di Harry e Silente nel pensatoio.

Se Grande Inverno è la casa di Bran per nascita, lo è per Ramsay solo per adozione. Per il primo il palazzo vive nel passato, di ricordi e di memorie non sue, per il secondo esiste solo in un potenziale futuro nel quale, tramontato Roose Bolton, lui si imporrebbe come protettore del Nord. Anche in questo possiamo trovare una motivazione nella sua ossessione per Castello Nero, per la caccia a Sansa e a Jon. Eliminare gli ostacoli, a qualunque costo. Non sfuggono a questo comandamento Roose, Walda e il piccolo fratellino di Ramsay, legittimo erede della casata, nonostante Bolton – ma non sapremo mai se intendesse davvero quelle parole – si affretti a tranquillizzare il figlio sulle sue pretese. Se la spietatezza di Ramsay ormai non conosce limiti e non ci sorprende più, l'uccisione di Roose viene gestita troppo velocemente (nella stessa scena abbiamo la notizia della nascita e la reazione di Ramsay).

È un episodio – seconda regia consecutiva per Jeremy Podeswa – nel quale il ricco pantheon viene spesso citato

È un episodio – seconda regia consecutiva per Jeremy Podeswa – nel quale il ricco pantheon viene spesso citato. I sette dei, che circondano maestosi il corpo senza vita di Myrcella, il dio della Luce, al quale si rivolge Melisandre in conclusione di puntata, il dio Abissale, che accoglie il ritorno di Euron a Pyke. C'è molto di questo mondo che appare così grande e che nel momento decisivo ricade in se stesso, restituendo ai singoli, piccoli uomini la forza e il coraggio delle loro azioni che possono e devono essere sempre il motore della storia. È Tommen che impedisce a sua madre di assistere al funerale, è l'alto Sparviero, che già lancia un monito a Jaime, è Tyrion che decide di liberare i draghi, unica arma di fronte all'allontanamento di Daenerys e alla caduta delle altre città schiaviste.

In particolare quello del nano non è solo un bel momento (Peter Dinklage ormai lo diamo per scontato), ma è anche la prima volta in cui un personaggio che non sia Daenerys interagisce positivamente con i draghi. Questo passaggio positivo, unito alla resurrezione di fine episodio, e contrapposto alle morti di Roose e di Balon, è cruciale perché segna per la prima volta un passaggio, probabilmente inevitabile. Un mutare della marea in una serie che, dopo aver piazzato ostacoli dopo ostacoli sul cammino dei personaggi positivi, restituisce loro qualcosa. Ed è giusto far rientrare in questo discorso anche la sorte di Sansa, che di riflesso ci racconta anche il tentativo di redenzione di Theon e il giuramento finalmente rispettato di Brienne.

Pyke dunque, e il ritorno di uno scenario che non vedevamo da tanto in Game of Thrones. Insieme a Dorne rappresenta uno degli estremi del mondo di Westeros, ma bisogna dire che per fascino e scrittura gli è sempre stato superiore. Qui si racconta la caduta dell'ultimo dei cinque re che si erano dati battaglia dalla seconda stagione in poi, l'ultimo dei tre che erano stati maledetti da Melisandre nel rituale con il sangue di Gendry (se poi esista una correlazione può essere motivo di dibattito). Cade, come per Roose, per mano di un parente molto stretto. Non viene pronunciato il suo nome, ma possiamo identificarlo come Euron, e dire che sarà l'altro grande pretendente al trono delle Isole di Ferro nella cerimonia di acclamazione contro Yara.

Tra Dorne, Grande Inverno e Pyke la serie ci ha raccontato in due episodi tre importanti cambi al vertice. Non lo ha mai fatto appoggiandosi ad una assoluta credibilità e verosimiglianza delle situazioni, e anche in quest'ultimo caso si è voluta premiare la tensione e la costruzione del momento piuttosto che la sua logica (Euron al posto giusto al momento giusto, nessuno ad assistere, nessuno a vederlo tornare). Ma sono tutto sommato piccolezze.

Infine, il grande evento. A cinque anni di distanza dall'uscita del quinto libro della saga (ma quest'anno cercheremo di limitare i riferimenti ai romanzi al minimo) e a poco meno di un anno dal finale della quinta stagione, una delle domande ha avuto risposta. La risposta più semplice, scontata e logica che si potesse avere. Ed è giusto così. Davos – che a dirla tutta ci appare fin troppo appassionato alla faccenda, ma diciamo che è un uomo di principio – intercede con Melisandre per far resuscitare Jon. La mutazione della sacerdotessa della scorsa settimana rivela ancora di più il suo valore psicologico più che narrativo: Melisandre è un personaggio sconfitto, mai così umano, mai così disilluso.

Eppure la fiamma della vita può tornare a bruciare. Perché deve farlo, perché giocare con le morti inaspettate (ma sempre coerenti con il percorso dei personaggi) non può pregiudicare il valore di una storia in cui alcune porte non possono essere chiuse prima del tempo. In quel limbo di possibilità che dicevamo all'inizio, la morte di Jon non è contemplata, non come condizione permanente almeno. Ci voleva molta cura nel trattare un evento così importante e delicato, sia perché l'idea di far tornare un personaggio dalla morte è molto vicina al "barare", sia perché la magia non può diventare uno strumento per risolvere i problemi come un deus ex machina. Eppure, al netto di alcune battute che istintivamente verranno fatte sul taglio di barba e capelli, è un bel momento, carico di tensione, ed è buona l'idea di rendere Spettro l'unico testimone dell'evento. Il ghiaccio del cadavere e il fuoco di R'hllor si fondono e la storia può ripartire.

Riflessioni sparse:

  • Alcune immagini nel trailer ci suggeriscono che vedremo altri flashback nel passato. Un'ottima idea per visualizzare la mitologia della serie, in attesa di un potenziale spin-off di cui finora si è solo accennato.

  • Si profila chiaramente uno scontro decisivo tra i Bolton e i Bruti. Rimane da capire cosa faranno i Guardiani della Notte, ma questo dipende solo da Jon.

  • La Montagna è più inquietante che mai, ma la scena in cui la guardia cittadina è terrorizzata nel dire a Cersei che non può lasciare la Fortezza sarebbe bastata. Il momento in cui il poveretto senza nome viene massacrato non ha molto senso.

  • Oltrepassare il portone del Castello Nero è più semplice se si ha un gigante come ariete di sfondamento. Inoltre, Tormund che scaccia via Olly come una mosca. Soddisfazioni.

  • Gestione della storia a parte, la morte di Roose è ovviamente costruita anche per ricalcare l'omicidio di Robb Stark durante le Nozze Rosse.

  • Arya è un po' sacrificata dalla storia. Il suo personaggio è eccezionale, ma dopo così tanto tempo nel vederla passare da un addestramento ad un altro, da una costrizione all'altra, vorremmo capire meglio il suo scopo nel grande schema delle cose.

La sesta stagione andrà in onda su Sky Atlantic HD la notte tra la domenica e il lunedì alle 3:00 in simulcast con la HBO, e successivamente in replica alle 22.10 del lunedì in lingua originale sottotitolata. Da lunedì 2 maggio alle 21.10 la serie debutterà in Italiano su Sky Atlantic HD e sarà disponibile su Sky On Demand e Sky Online.

Per confrontarvi con altri appassionati della saga, vi segnaliamo la pagina Game of Thrones – Italy.

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