Game of Thrones 5x02 "House of Black and White": la recensione

Secondo episodio stagionale per Game of Thrones: molto più riuscito e interessante della première

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Spoiler Alert
Dopo la solita première introduttiva della scorsa settimana, Game of Thrones riparte alla grande con The House of Black and White. La parte introduttiva non era esaurita, e anzi anche questa settimana vedremo ripresi vecchi personaggi e storyline, ma tutto funziona meglio perché è chiara la volontà di imbastire un numero imprecisato, ma molto alto, di storyline, nella maggior parte dei casi inedite rispetto ai romanzi originali. Ogni personaggio al suo posto e un posto per ogni personaggio: questo è l'imperativo della scrittura della seconda puntata consecutiva firmata direttamente da Benioff e Weiss.

Il titolo si rifà alla vicenda che riguarda quello che da sempre è uno dei personaggi migliori e più amati della storia: Arya Stark. Anche se non lo sapessimo in base alle informazioni in nostro possesso dalla scorsa stagione, basta un'occhiata per riconoscere la sua destinazione finale. Il titano di Braavos, il colosso di Rodi del mondo di George Martin, la accoglie poco calorosamente come già aveva fatto in precedenza con Stannis e Davos, che si erano recati in città per parlare con i banchieri. Arya ha altre esigenze, viene condotta al tempio da cui prende il titolo la puntata, e qui ritrova un vecchio amico senza nome, ma noi per comodità lo chiameremo Jaqen H'ghar. La ricostruzione della città di Essos, che ha qualcosa di Venezia, è molto curata e affascinante, e c'è molto interesse per ciò che potrà accadere ad Arya.

Quella a cui le cose non vanno per niente bene è Brienne. La figura del classico cavaliere errante che Gwendoline Christie interpreta con così tanta forza viene messa a dura prova dalle coincidenze continue del suo viaggio. Hot Pie, Arya e il Mastino, e adesso anche Petyr e Sansa. Certo, la strada principale che corre lungo Westeros – la strada del re – è una e le tappe sembrano obbligate, ma anche così c'è qualche piccola forzatura di percorso. In ogni caso poco cambierà alla fine, si ripete lo stesso canovaccio già sperimentato con Arya. Le due ragazze Stark non vogliono essere salvate, non è chiaro dove ci porterà la metamorfosi di Sansa, ma è chiaro che non è più la ragazzina spaurita che parla di principi e torte al limone. Di tutti i personaggi principali coinvolti però la storia viene raccontata come riflesso delle sensazioni e delle delusioni di Brienne, che dovrebbe proteggere e che invece è un personaggio vulnerabile quando non ha nessuno da proteggere.

Intanto c'è una linea rosso sangue che collega King's Landing e Lancia del Sole, capitale di Dorne, il territorio dei focosi Martell. Dopo la morte di Oberyn c'è agitazione nel principato. Ellaria vorrebbe muovere guerra, ma soprattutto vendicarsi sulla giovane Myrcella, la figlia di Cersei che Tyrion aveva inviato dai Martell in vesti diplomatiche. Con lei, a quanto pare, buona parte degli abitanti del Paese e le Vipere della sabbia. L'unico parere decisivo, tuttavia, è contrario, ed è quello di Doran, fratello maggiore di Oberyn – e quindi anche di Elia, che venne uccisa dalla Montagna – che si rifiuta di muovere guerra. Fin da subito i Martell si presentano come una casata con delle specificità molto particolari, forse condizionate dall'asprezza del loro territorio che, come per i Greyjoy e per gli Stark, li ha resi più battaglieri degli altri popoli di Westeros. L'ambientazione, come sappiamo in realtà spagnola, del palazzo della capitale è anche in questo caso affascinante, e c'è voglia di approfondire i costumi di questa gente.

Proprio il salvataggio di Myrcella diventa la missione di vita di Jaime che, su spinta di Cersei e accompagnato da Bronn (la coppia promette di fare scintille) viaggerà fino a sud per riprenderla. Intanto alla capitale del regno Tommen è solo un fantasma, mentre tutto il potere viene concentrato nelle mani della regina madre, che dopo la morte di Tywin non ha nessuno a bloccarle la strada. Il concilio ristretto viene modificato e plasmato, Pycelle non conta più niente, emerge invece il maestro sconsacrato Qyburn, che ancora non sappiamo cosa ne abbia fatto della Montagna, mentre Kevan Lannister lascia indignato la città e se ne torna a Castel Granito.

Agli estremi del mondo. Alla Barriera, Jon si trova ad un bivio decisivo. Stannis gli propone un'alleanza che lo porterebbe in conclusione a sedersi sul trono di Grande Inverno, ma dall'altro lato, anche grazie all'eloquio di Sam Tarly, riesce a vincere nel voto per decidere il nuovo capo dei Guardiani della Notte. Realizza buona parte del suo destino, e si trova fra le mani un potere più grande di quanto avrebbe mai potuto pensare. Come intenderà usarlo è altra questione, e solo le prossime puntate potranno rispondere. A Meereen Daenerys commette forse il peggior errore della sua "nuova gestione", sopprimendo con il pugno di ferro le tradizioni locali, non riuscendo ad essere malleabile – sempre stato un suo pregio/difetto – e causando per la prima volta una rivolta tra gli abitanti ex schiavi. Drogon è tornato, ma anche in questo caso la sua obbedienza è tutt'altro che scontata.

Avrei voluto concludere ogni episodio stagionale con una breve parentesi sui cambiamenti rispetto ai romanzi. Rinuncio in partenza. Questa è un'altra storia, le modifiche sono enormi e non faranno che aumentare di episodio in episodio. Limitiamoci a dire che molti personaggi prendono una nuova strada, che gli incontri sono più frequenti e che, come detto all'inizio, si cerca di dare ad ognuno una motivazione e un giusto posto. L'episodio è molto più riuscito, interessante e scorrevole di quello della settimana scorsa, decisamente un buon proseguimento in questo inizio di quinta stagione.

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