Game of Thrones 3x08 "Second Sons": la recensione

Nell'attesa delle due puntate finali, ecco un buon episodio in cui varie sottotrame arrivano ad una svolta...

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Game of Thrones è rabbia, è emozioni, è rimpianti, e probabilmente è fonte di un dibattito che con la fine di questa terza stagione su cui si è detto di tutto e di più non farà che aumentare. Adattare o non adattare, questo è il dilemma. Che se da un lato tradire le aspettative e i desideri dei fan della saga non si può, e quindi eccola la serie diventare un grande calderone nel quale continuare a buttare ingredienti mescolando tutto nonostante un odore non proprio invitante, dall'altro lato della barricata ecco invece quelli che delle opere di Martin non hanno letto nemmeno una riga e che continuano a guardare a quel calderone come aspettandosi che da esso esca chissà cosa, senza però accorgersi degli splendidi ingredienti che in esso vengono gettati settimana dopo settimana.

Second Sons in ogni caso arriva ad uno dei punti salienti del terzo libro della saga, le nozze tra Tyrion e Sansa. Anche qui gli ingredienti che ruotano intorno alla cerimonia sono tanti: è un'occasione per ribadire con forza i tratti di personalità che già conoscevamo attraverso il modo in cui ognuna di queste si rapporta al matrimonio. Per Sansa e Tyrion è un'unione che ha un valore profondo in quanto tale, perché di fatto rappresenta uno sbarramento ai rispettivi sogni, quello di Sansa di fuggire da Approdo del Re, quello di Tyrion di proseguire la propria fantasia ad occhi aperti con Shae. Ad un livello più lontano e dunque più legati all'aspetto esteriore del matrimonio, stanno Cersei, che da questo episodio inizia evidentemente a vedere sempre più prossima l'unione con Loras e di riflesso aumenta il suo astio verso Margaery (notare come il suo atteggiamento, al contrario di tutti gli altri alla corte, non sia mai velato ma sempre manifestato apertamente e questo, non si fosse capito, non è un pregio), e Tywin, che della cerimonia ha fatto un simbolo della propria abilità di stratega. Basti vedere come immediatamente intervenga dello scontro tra Joffrey e Tyrion – e non certo per difendere suo figlio – per evitare di vedere sporcato il proprio capolavoro diplomatico.

Attorno a questo episodio ruotano alcune sottotrame minori che si consumano a Westeros. Giunge a quanto pare al culmine la missione di Melisandre per favorire Stannis nella Guerra dei Cinque Re. Morto Renly Baratheon nella scorsa stagione – e proprio in seguito ad una maledizione scagliata dalla sacerdotessa – rimangono ancora in vita Joffrey Baratheon, Robb Stark e Balon Greyjoy (il padre di Theon). Tre re, tre nomi, tre sanguisughe inbevute di sangue reale da sacrificare al Signore della Luce. Intanto Arya prosegue la propria marcia forzata nel continente in compagnia del Mastino. L'ultima delle tantissime mete quasi toccate con mano e poi perdute dalla ragazza nell'arco di quasi due stagioni è la dimora di Walder Frey, le Torri Gemelle, dove di lì a breve si terrà il matrimonio fra Edmure Tully e una delle figlie del Lord. Il Mastino è quello che ricordiamo: mai così crudele e ottuso come si penserebbe (siamo lontani dalla cattiveria quasi immotivata dei Bolton), ma comunque sempre deciso ad ottenere il proprio tornaconto e pronto a non mandarle a dire (ancora una volta: "Fuck Joffrey! Fuck the Queen!").

In tutto questo, ignara degli sconvolgimenti dall'altra parte del mondo, Daenerys continua senza alcuna difficoltà a ingrossare le fila del proprio esercito, stavolta con l'aiuto decisivo di Daario Naharis, per l'occasione fortunatamente reimmaginato in una veste più "umana" (nei romanzi ha i capelli e la barba blu). Dopo una lunga attesa e molte discussioni si risolve così, con due colpi di spada, la vicenda di Yunkai. Gli ultimi minuti della puntata, i migliori dell'episodio, si ricollegano perfettamente ai primi momenti della precedente, con Sam e Gilly sperduti a nord, in balìa della neve e di un Estraneo che si fa strada verso di loro. Dove falliscono le spade comuni, ecco però il pugnale di ossidiana che si rivela decisivo distruggendo la creatura del ghiaccio.

Rinunciando, fra le altre, alle storyline di Bran e Robb la narrazione si fa più solida e compatta e la puntata ne trae giovamento. Soprattutto ciò che si nota è che ognuna delle tre storyline fondamentali della puntata giunge ad un punto di svolta (il matrimonio, il sacrificio, la vittoria di Daenerys). Altro sarebbe stato ritrovarsi, come accaduto più volte quest'anno, con solo momenti di transizione e consolidamento dei personaggi inseriti più per non lasciar andare le sottotrame che per effettiva necessità narrativa. Ottime come al solito tanto le interpretazioni quanto la regia, soprattutto nel finale. È Game of Thrones, narrazione sperimentale per menti molto allenate, e come al solito funziona più nei singoli elementi che la compongono piuttosto che nel quadro generale che ne viene fuori.

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