Game of Thrones 3x06 "The Climb": la recensione
Le strategie di guerra e i personaggi si consolidano, in una buona puntata di transizione
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Appoggiandosi ad una metafora tra le più esplicite della sua storia, Game of Thrones scioglie questa settimana gran parte dei suoi vincoli narrativi e si concede una parentesi nella scalata verso la fine della stagione. Mette i suoi personaggi a riposo, li fa respirare, ma non concede loro alcuna comoda sosta, ponendoli praticamente tutti in bilico su un gradino sospeso sull'abisso. Una decina di immense scale, l'una parallela all'altra, che senza mai incontrarsi finiscono per convergere verso l'obiettivo finale. Ad unirle solo una telecamera che si focalizza ora sull'una ora sull'altra, e una voce che ci ricorda come l'unica cosa che importi sia continuare a salire.
Nell'affresco della stagione The Climb risulta "semplicemente" una buona puntata, che non possiede né la tensione narrativa di And Now His Watch Is Ended né il carico emozionale di Kissed by fire, ma che si pone come una tappa fondamentale tanto nella necessità di consolidare i protagonisti quanto in quella di costruire un obbligatorio tramite fra un evento focale e l'altro. Una classica puntata di transizione. A livello tecnico segnaliamo come, in questa stagione, ad una grandissima e crescente frammentazione della storia lo show abbia risposto con la ricerca di un montaggio più curato nel legare tra di loro le storyline, che spesso – soprattutto in questa puntata con la scalata, elemento concreto e concettuale – si richiamano l'un l'altra. Certo, qualche pedina decide di muoversi, qualcun'altra viene spostata, qualcuna addirittura viene mangiata ed esce dal gioco, ma in generale ciò che risulta è la costruzione delle necessarie premesse per eventi che esploderanno in futuro.
Tipo di tortura diverso è invece quello riservato a Sansa, che sistematicamente si trova, stavolta non per colpa sua, a veder svanire qualunque prospettiva di serenità. Da tempo ha imparato a rinunciare ai sogni e alle fantasie. Lo si vede nel modo in cui accetta tranquillamente la palese ma educata indifferenza di Loras purché riesca a lasciare Approdo del Re. Tuttavia il destino, che stavolta ha il volto di Tywin Lannister, ha previsto altrimenti, e la ragazza andrà in sposa a Tyrion mentre Loras verrà promesso a Cersei. Con la minaccia di nomina a Guardia Reale di Loras (che in quel caso non potrebbe né sposarsi né possedere terre, stessa sorte toccata a Jaime, se ricordiamo), i Lannister, che già controllano un trono che solo di nome spetta ai Baratheon, riescono quindi indirettamente a mettere le mani sul Nord tramite Sansa e sull'Altopiano dei Tyrell. Pedina invisibile in questo grande disegno è Shae, l'ex prostituta di cui Tyrion è innamorato. Sappiamo che era presente al momento della rivelazione, ma non abbiamo visto la sua reazione, probabilmente rimandata alla prossima settimana.
Se la guerra diplomatica con i Tyrell sembra finita, altro è la guerra vera e propria, in cui tuttavia gli unici avversari rimasti, Robb e Stannis, non sono mai stati così deboli. A Delta delle Acque giungono due figli di Walder Frey, con una nuova proposta: il possesso di Harrenhall e il matrimonio tra Edmure, fratello di Catelyn, e una figlia del Lord delle Due Torri. Gli Stark acconsentono nella speranza di rinfoltire un esercito decimato. Altro è il destino di Stannis, ormai completamente nelle mani di Melisandre, diretta all'accampamento della Fratellanza, in particolare interessata per qualche motivo a Gendry (o meglio, al suo sangue Baratheon). Intanto, in una scena visivamente impressionante e diretta altrettanto bene, Jon, Ygritte e altri Bruti risalgono la Barriera, avanguardia dell'esercito di Mance Rayder in marcia verso Westeros.
Nuove strategie, nuovi complotti, mosse e contromosse. E a farne le spese, come sempre, i più deboli. Ros, vittima della guerra fredda tra Ditocorto e Varys, viene data in pasto a Joffrey. Osservando la scena è facile dividere le nostre emozioni fra il dispiacere per la scomparsa di Ros e l'odio per un personaggio ormai decisamente più malato e sadico della sua versione cartacea, ma c'è dell'altro. Sulla scena aleggia il monologo da brividi di un personaggio sfuggente e difficile da inquadrare come Ditocorto. Uno degli uomini più pericolosi del Continente Occidentale lo aveva definito Varys e, puntata dopo puntata, questa fama viene meritata.