Game of Thrones 3x03 "Walk of Punishment": la recensione

Game of Thrones, i suoi tanti difetti e la sfida di una trasposizione quasi impossibile nella terza puntata della stagione...

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Soundtrack: Snow Patrol - What if the storm ends?

Premessa. Game of Thrones è un esperimento unico nella storia della televisione. Per quanto sarebbe facile ed immediato ridurre tutto ad una semplice trasposizione di alcuni romanzi fantasy in realtà ciò che è iniziato nel 2011 è qualcosa che non ha precedenti e che merita, per quanto ci riguarda, un momento di analisi che vada aldilà del semplice contenuto della puntata e che si confronti e scontri necessariamente con l'operazione di rilettura sullo schermo alle spalle. Perché la scrittura dello show è legata a doppio filo con lo svolgimento di una saga lunghissima e della quale non si scorge la fine nemmeno col binocolo, perché il costante riferimento al materiale originale, che inevitabilmente mette dei paletti ben precisi alla storia, rimane un presupposto fondamentale per dare un senso al tutto e soprattutto perché lo dobbiamo a quei telespettatori ignari della controparte cartacea e che potrebbero storcere il naso di fronte ad una serie di soluzioni viste in queste prime tre puntate (intanto abbiamo creato un piccolo riassunto delle Case e dei personaggi).

Nessun'altra serie tv, a meno che non fosse costretta da una zavorra simile, si sognerebbe mai di continuare ad aggiungere (e chi ha visto le anticipazioni sa che altri ne arriveranno) nuovi personaggi e location, né farebbe in modo di trovarsi nella scomodissima situazione di dover ancora riprendere le fila di personaggi non visti (in questa puntata per la prima volta rivediamo Varys). Ma qui la scelta non esiste, è la storia dei romanzi a reclamare questi personaggi. Ed ecco quindi Robb e Catelyn che prendono una pausa dalla guerra e si dirigono a Delta delle Acque dove Hoster Tully (tranquilli, non lo abbiamo mai visto) è appena morto. Eccola invece la grande scrittura della serie, che in due scene – una delle quali senza dialoghi – riesce ad introdurci i nomi e i caratteri dei due nuovi personaggi che ci serviranno. Sono Edmure, il poco brillante fratello di Catelyn, e Brynden, suo zio. Nell'occasione abbiamo altre conferme dell'abilità da stratega di Robb e della intima disperazione di Catelyn per le sorti dei figli. Game of Thrones è anche questo: è l'esplicito lavoro di inserimento e caratterizzazione dei personaggi (criticabile e imperfetto sicuramente), ma anche la capacità (questa la coglierà colo una parte del pubblico) di raccontare con velocità alcune situazioni per arrivare alla loro risoluzione. Su questo non sarà d'accordo chi critica la lentezza della serie e il fatto che "non succede nulla", ma in realtà vicende come quella dell'agonia di Hoster o del viaggio di Brienne e Jaime, che nel libro occupano pagine interminabili, sono state molto accelerate.

C'è poi un'altra bella scena senza dialoghi, tutta giocata sulle disposizioni intorno al tavolo, in cui rivediamo il Concilio e diamo una rinfrescata ai rapporti tra i Lannister. Appena il tempo di salutare Frittella ed eccoci insieme a Brienne e Jaime alle prese con i Bolton. Il colpo di scena finale, che giunge a conclusione di una bella scena, a sua volta risultato di un'ottima costruzione del personaggio di Jaime, rappresenta il marchio decisivo su uno dei protagonisti più ambigui e interessanti della saga. Da freddo assassino, o quasi, di bambini nella prima puntata, a preda incatenata che cerca di aiutare (a modo suo) chi fino a poco prima lo teneva prigioniero, Jaime ha vissuto una lenta ma inesorabile evoluzione, che ne ha fatto un personaggio sempre alla ricerca dell'approvazione del padre (paradossalmente in questo è quasi più succube di Tyrion), che maschera il dolore con l'ironia ma che in realtà è ossessionato dalla definizione di Sterminatore di Re e dal desiderio di mettersi alla prova con la spada. Jaime non ha perso solo la mano quindi, ha perso una parte fondamentale della sua identità, una perdita che in un momento così delicato per la sua evoluzione farà sicuramente la differenza.

D'altra parte essere lì ad elogiare il lavoro fatto su "The Bear and the Maiden Fair" (effetto assolutamente straniante rispetto al finale dell'episodio e seconda canzone importante dopo "Rains of Castamere") non può far passare in secondo piano i difetti dell'episodio, quasi tutti riconducibili alla storyline di Theon. Senza spoilerare nulla sullo svolgimento nei romanzi, semplicemente la scelta qui è stata quella di anticipare la trattazione del personaggio, che nei libri veniva ripreso più avanti, e di cambiare qualcosa nella vicenda. Il problema fondamentale è invece legato a come viene trattata con ingenuità la storia, con un personaggio che in sostanza viene liberato da qualcuno (il "Simon" di Misfits, per chi non lo avesse riconosciuto), si allontana e poi viene salvato di nuovo alla fine. Fatte queste considerazioni, è interessante come per la prima volta fan dei libri e non siano accomunati dal non sapere cosa accadrà in una particolare storyline. Idem per la vicenda di Melisandre, che lascia Stannis per andare sul continente chissà dove, vicenda non presente nei romanzi.

Provocazione: Game of Thrones paga lo scotto di mettersi alla prova con una trasposizione quasi impossibile (è davvero arduo per chi non ha letto i romanzi comprenderne la difficoltà) e quindi forse nell'analizzare i suoi difetti (che ci sono) meriterebbe qualche attenuante in più rispetto ad altri show.

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