Game of Thrones 3x01 "Valar Dohaeris": la recensione

Ritorna Game of Thrones, senza grandi rivelazioni ma con una puntata che ci riporta nel mondo di Westeros

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi

Soundtrack: The Best Pessimist - The most cold winter

Ritornare nel continente di Westeros e sentirsi come se non ce ne fossimo mai andati veramente. Stessi cuori che battono, stesse anime che soffrono, stesse pedine che si muovono su una scacchiera grande quanto un mondo intero, sempre divise tra destino e libera scelta, sempre alla ricerca di un modo per trovare il proprio ruolo nella grande Storia. La tempesta di spade (dal nome del terzo romanzo della saga di A Song of Ice and Fire adattato in parte quest'anno) ancora non si è scatenata, ma già si vedono le nuvole all'orizzone e, prima che i fulmini si abbattano sui nostri protagonisti, Game of Thrones approfitta degli ultimi raggi di sole dell'estate per illuminarli ancora una volta e riprendere i fili, in questa prima puntata, di molte delle storyline dell'anno scorso.

Lo show della HBO continua ad intessere quella fitta rete di piccole e grandi storie nella Storia, e lo fa con la consapevolezza di dover portare avanti una narrazione diversa da qualunque altro prodotto televisivo, che richiede una grande visione d'insieme, che impone una scrittura al tempo stesso decisa nello sfruttare ogni scena per dare un impulso in avanti ad una trama che non si può permettere rallentamenti ma che al tempo stesso deve riservarsi degli spazi di "quiete" per far riposare e consolidare i personaggi, e che infine sappia risolvere ogni segmento nel successivo tenendo per mano lo spettatore che salta da un punto all'altro del mondo incontrando personaggi che spesso non hanno alcuna influenza l'uno sull'altro. Con un simile carico di responsabilità qualcosa viene inevitabilmente perso per strada, ma il risultato rimane comunque grandioso.

Continuità dunque. La stessa che ritroviamo a partire dal titolo, che palesemente si richiama a quel Valar Morghulis – "tutti gli uomini devono morire" – che chiudeva la seconda stagione. Valar Dohaeris – "tutti gli uomini devono servire" – ne rappresenta la risposta perfetta tanto a livello narrativo (le frasi si richiamano l'un l'altra come forma di saluto, ma questo si vedrà più avanti nella storia) che tematico. Dalla morte alla vita, o meglio, dal sacrificio, spesso estremo, alle conseguenze di quel gesto, alla necessità di ripartire, tornare a combattere, a fare il proprio dovere, a "servire", per raggiungere il proprio obiettivo finale.

Ed ecco quindi Jon Snow, costretto nell'ultimo episodio ad uccidere Qhorin per poter ottenere la fiducia dei Bruti e introdursi nell'accampamento di Mance Rayder, il Re oltre la Barriera. Dalla morte, dal sacrificio estremo, ecco quindi la possibilità di perseguire il proprio obiettivo, di trovarsi davanti all'esercito nemico, di incontrare i giganti (più ridimensionati e "visivamente plausibili" rispetto ai romanzi), di interagire con un sovrano che, per quel poco che abbiamo visto, sembra diverso da tutti gli altri coinvolti della Guerra dei Cinque Re, molto più legato al suo territorio e alle sue radici, molto più vicino al suo popolo di uomini liberi.

E dall'esercito degli uomini liberi a quello degli Immacolati, il viaggio di Daenerys la conduce ad Astapor, la città degli schiavi, completamente agli antipodi, non solo geograficamente, rispetto alla Barriera. Dopo aver dimostrato di "non avere un cuore gentile" sterminando i suoi traditori a Qarth e saccheggiando la città, la madre dei draghi vuole usare il proprio bottino per acquistare un esercito che sarebbe sbagliato definire "di mercenari", essendo stati completamente deprivati della loro volontà e del loro pensiero. Ma la vicenda di Daenerys non è solo in ciò che viene raccontato ma anche nelle bellissime immagini costruite – le migliori della puntata – come quelle che coinvolgono i sempre più grandi draghi o una misteriosa e pericolosa bambina, per non parlare del ritorno di Barristan Selmy (che l'ultima volta abbiamo visto mentre abbandonava la Fortezza Rossa disapprovando il nuovo re).

E proprio Approdo del Re sembra dominata da una calma e da una pace solo apparenti, le stesse che accompagnano il dialogo al porto tra Shae e Sansa, che emergono durante una cena tra i Lannister e i Tyrell (Cersei sembra aver capito bene che la nuova principessa Margaery, al contrario di Sansa, conosce molto bene il gioco del trono, come dimostrato dal modo in cui si conquista le simpatie del popolo), che emergono ancora nella bella scena tra Tywin e Tyrion (ferito dopo l'ultima battaglia ma non martoriato come nei romanzi, dove addirittura perdeva il naso), con quest'ultimo che apprende un importante lezione sul sacrificio e sul merito. È in questo che il Folletto si distingue dagli altri protagonisti, e cioè nel trovarsi sempre più sbarrata la strada sulla strada verso il proprio obiettivo, nonostante i meriti personali mostrati nella splendida Blackwater.

Ritorna Game of Thrones, ed è come se non se ne fosse mai andato. Stessa grande scrittura, stesso ottimo ritmo, stessa capacità di trascinarci completamente nel suo mondo facendoci esclamare "di già?" quando vediamo scorrere i titoli di coda. Valar Dohaeris è una necessaria puntata di assestamento e reintroduzione, senza grandi botti, rivelazioni o particolari momenti di tensione, ma era ciò che ci si poteva aspettare dopo un anno di attesa. Unica differenza? L'inverno non sta arrivando. L'inverno ormai è qui.

Continua a leggere su BadTaste