Game of Thrones 2x10 "Valar Morghulis": il commento

Game of Thrones si congeda con un'ottima puntata finale, mostrando per la prima volta tutti i protagonisti e con varie modifiche rispetto ai romanzi...

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Una cometa rossa ha attraversato il cielo.

Sorvolando lande ghiacciate, castelli in rovina, tetri manieri, favolose regge e immensi deserti questo corpo celeste è stato testimone di incredibili prodigi e di terribili scontri, di incubi inenarrabili e di sogni meravigliosi, di tempeste di orrori illuminate da rari lampi di onore. Se potesse parlare, racconterebbe che un singolo sguardo su questo mondo infinito e sulle sue storie non è sufficiente a coglierne la grandezza e complessità, racconterebbe di essere quasi stata accecata dalla bellezza sfolgorante e dall'umanità delle vicende in esso narrate, racconterebbe che, aldilà dei giochi di potere, della magia e delle strategie militari, le passioni umane e la capacità di raccontarle sono il miglior motore di ogni narrazione, soprattutto di una "storia fatta di storie" quale è Game of Thrones.

In netta contrapposizione con l'impostazione seguita nella scorsa puntata, che decideva di focalizzarsi su un unico grande evento come la battaglia delle Acque Nere tralasciando le altre sottotrame, Valar Morghulis, ultima puntata di questa seconda stagione, si congeda dagli spettatori mostrando per la prima volta quest'anno tutti i protagonisti della storia in un unico episodio. Complice anche il fatto che, con poche eccezioni, ognuna delle sottotrame mostrate arrivi ad un certo punto di svolta e trovi quindi da ciò una motivazione (non sempre questo è avvenuto in passato, soprattutto per quanto riguarda Jon e Daenerys) il ritmo della narrazione non ne risente affatto. Inoltre, se da un lato il passaggio così brusco da un'ambientazione all'altra potrebbe avere il risultato di "spezzettare" troppo la puntata (la volontà degli autori di mostrare tutti i protagonisti è molto chiara), la familiarità ormai raggiunta con tutti i personaggi, unita con una durata maggiore dell'episodio e con la mancanza di tempi morti, risolve bene questo potenziale difetto e permette alla puntata di scorrere via liscia come al solito.

Momento focale della puntata rimane la vicenda relativa a Daenerys, personaggio la cui storia finora aveva subito i maggiori cambiamenti nel passaggio dal romanzo alla serie tv, e al suo ingresso nella Casa degli Eterni a Qarth. Chi non sapeva cosa aspettarsi da questa misteriosa torre ai confini del mondo in cui erano stati intrappolati i draghi sarà rimasto molto soddisfatto della resa finale. L'ultima dei Targaryen viene posta davanti al crocevia fondamentale del suo percorso: da una prospettiva fuori dal tempo e dallo spazio, può osservare il cammino percorso finora, i molti sacrifici già sopportati, la perdita della sua famiglia. Dal passato mai dimenticato al futuro ancora da conquistare, la sala del trono ad Appodo del Re è immersa nella desolazione e ridotta in cenere, distrutta (dal fuoco dei draghi?) ma ancora irraggiungibile per Daenerys che rifiuta di sedersi sul Trono di Spade: il richiamo la spinge a nord, oltre la Barriera.

La Madre dei draghi esce da questa esperienza sempre più forte, sempre più determinata. Dopo il bagno nel fuoco del finale della prima stagione, questo sogno ad occhi aperti appare come una nuova, ennesima rinascita e come la tappa fondamentale del percorso verso il potere. A tenere banco tra gli appassionati saranno tuttavia anche i radicali cambiamenti rispetto a quanto narrato nel romanzo originale che potrebbero aver deluso quanti si aspettavano qualcosa di diverso. I punti di contatto tra le due versioni rimangono chiaramente la dimensione onirica del viaggio di Daenerys e il continuo oscillare tra momenti del passato (decisamente più lontano nel caso dei romanzi) e del futuro. Completamente diverso invece il contenuto di queste "memorie" e profezie: molto più personali e riferite direttamente a Daenerys nella puntata, più generali e riguardanti anche altri personaggi nei romanzi. Le motivazioni di questa scelta da parte degli autori potrebbero essere rintracciate nel desiderio di non vincolarsi a profezie troppo particolareggiate inserite nei romanzi (la maggior parte delle quali ancora non realizzate) poter magari in futuro distaccarsi dalla visione personale di George R. R. Martin e costruire un percorso parzialmente diverso.

Per quanto riguarda le altre vicende narrate, a rimanere dopo questo lungo congedo dei protagonisti sono soprattutto l'addio/arrivederci tra Jaqen e Arya sancito dal misterioso "Valar Morghulis", il sorriso che muore sulle labbra di Sansa dopo aver sciolto il proprio matrimonio con Joffrey ma aver scoperto che le sue sofferenze non sono affatto terminate, il tenero abbraccio fra Tyrion e Shae, una volta che il folletto, sempre più provato e umiliato, ha finalmente rinunciato alla sua corazza, l'abisso di solitudine nel quale Theon sprofonda dopo aver perso qualunque ragione per vivere e aver compreso di non avere un posto nel mondo, Jon Snow alle porte del regno libero di Mance Rayder.

Ma sono soprattutto gli ultimi, spettacolari tre minuti della puntata a restare impressi nella nostra mente. Tre uomini alla fine del mondo ascoltano tre squilli di corno in rapida successione: un'orda di Estranei e non-morti si avvicina minacciosa alla Barriera, pronta ad invadere Westeros. Il mondo sembra sempre più vicino a mutare forma e la magia appare sempre più forte nel mondo, come dichiarato da Pryat Pree nella Casa degli Eterni. Il risveglio dei draghi, gli Estranei, la magia di Melisandre e le trasformazioni di Jaqen sono tutti elementi che sempre più mostrano come il mondo non stia semplicemente attraversando il passaggio da una stagione all'altra, ma stia quasi cambiando volto.

E' stata una grande stagione, forse più imperfetta della prima, che praticamente migliorava di puntata in puntata, ma anche più ambiziosa e difficile, costretta ad una sfida molto più impegnativa e a tenere le fila di molte più sottotrame. Dialoghi, interpretazioni, location, ritmo e gestione della narrazione, ognuno di questi elementi ha raggiunto standard elevatissimi, tanto da compensare ampiamente le, pur esistenti, mancanze della serie (alcune sottotrame più deboli di altre, alcuni cambiamenti non sempre facili da accettare o riusciti, le solite scene di sesso spesso fini a se stesse).

Saranno lunghi mesi di separazione quelli tra questo finale e il primo episodio della terza stagione, mesi nei quali, forse più degli intrighi di palazzo piuttosto che delle arti magiche, ci mancheranno soprattutto i protagonisti di quella che, come già detto, è in fondo una "storia fatta di storie", o meglio ancora è la Storia vissuta nella sua componente più umana, impersonata dalle grandi figure che verranno ricordate ma anche e soprattutto da coloro di cui non si saprà mai l'esistenza. Un'essenza ben colta nella frase di commiato di Varys: "The king won’t give you any honors. The histories won’t mention you. But we will not forget."

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