Gaia, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2021
Jaco Bouwer propone un approccio horror e poetico al tradizionale tema dello scontro tra uomo e natura, sfruttando il fascino dei luoghi per mettere in secondo piano una sceneggiatura piuttosto fragile
Il regista Jaco Bouwer firma con Gaia un "horror ecologico" ambientato nell'affascinante cornice del parco nazionale Tsitsikamma in Sud Africa dove vivono in totale isolamento dal resto della civiltà un padre e un figlio, alle prese con delle creature simili a zombie che iniziano ad assumere caratteristiche "naturali" mentre si trasformano ed entrano in azione di notte.
A scoprire questa strana realtà è la giovane ranger Gabi (Monique Rockman) che rimane ferita durante un'attività di routine, venendo salvata da Barend (Carel Nel) e Stefan (Alex van Dyk). L'uomo è un ex scienziato che ora si è "convertito" a una fede molto particolare e sostiene che i danni causati dall'uomo all'ecosistema abbiano portato la Natura a ribellarsi, entrando in azione con il virus che trasforma letteralmente le persone in fiori, alberi, funghi e spore. Gabi rimane coinvolta in questa strana realtà e cerca di sopravvivere, stringendo inoltre un'amicizia con Stefan.
La sceneggiatura firmata da Tertius Kapp porta in vita un mondo in cui la bellezza della natura possiede un terrificante lato oscuro. Quando le creature, un po' in stile The Last of Us e Silent Hill, entrano in azione suscitano un po' di orrore e tensione grazie all'ottimo lavoro compiuto dai truccatori, dagli stunt e dal team degli effetti speciali.
Il confronto - scontro tra la vita moderna di Gabi e quella di Stefan, che non ha mai visto un cellulare e il mondo al di fuori dell'area selvaggia in cui cerca di sopravvivere, permette di aggiungere ulteriore spessore alla semplice tematica della natura che assume un ruolo da predatore nella vita umana abbandonando, nonostante la fede di Barend, le sue caratteristiche più tendenti alla protezione e alla ricerca di un equilibrio generale.
L'esordiente Jaco Bouwer si destreggia bene tra le sfumature horror, il messaggio ecologista, l'ossessione religiosa e il passaggio dall'adolescenza all'età adulta del giovane protagonista delineando un mondo in cui la lotta tra umanità e natura assume contorni originali e quasi poetici nonostante l'orrore. Lo script non chiarisce realmente la trasformazione totale da razionalità a fede cieca compiuta da Bernard e dispiace assistere alla fin troppo repentina e piuttosto ingiustificata uscita di scena di Winston, il collega della protagonista interpretato da Anthony Oseyemi.
La bellezza dell'area quasi del tutto inesplorata, ben valorizzata dalla fotografia di Jorrie Van der Walt, contribuisce in modo significativo a costruire quel contrasto tra meraviglia e orrore necessario a rendere Gaia un'esperienza quasi immersiva per chi assiste a uno scontro impari destinato, forse, a non avere un lieto fine.