La Gabbia, la recensione

Tre rapinatori entrano in una casa di cura, che da quel momento per loro diventerà... La Gabbia!

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Dopo Il Boia di Parigi e La Pazienza del Destino, Paola Barbato torna a scrivere per "Le Storie", con un terzo episodio realizzato in coppia col disegnatore Daniele Caluri. La storia di questo mese è un thriller ambientato in un ospedale psichiatrico, dove si introducono tre criminali che si ritroveranno bloccati al suo interno senza possibilità di uscire; sfortunatamente per loro sono capitati nel giorno in cui medici e parenti in visita si vestono con un camice identico a quello dei pazienti, per annullare le differenze tra i ruoli. Proprio questa situazione mette in difficoltà i malviventi, che non riescono a capire se la persona di fronte a loro è sana o un malato di mente, rendendo vane le loro minacce; i tre ladri assaltano il manicomio indossando le maschere di presidenti americani, ma una volta all'interno si toglieranno il travestimento ritrovandosi circondati da persone che mascherano la propria identità.
La confusione che deriva dall'azzeramento delle differenze sociali è un intrigante meccanismo narrativo, che porta il lettore a condividere lo stesso dubbio dei protagonisti, interrogandosi sulla natura dei singoli personaggi.

La Gabbia del titolo è la clinica psichiatrica, che imprigiona i tre criminali e li costringe a una claustrofobica convivenza con un gruppo di persone che non riesce a identificare. Il fatto che i protagonisti siano figure negative, non eroi, rende più interessante la vicenda: pur seguendo la trama dal loro punto di vista, è difficile identificarsi veramente con loro, mentre gli "abitanti" della casa di cura sono una massa di cui si riconoscono alcune figure, ma pochi sono caratterizzati in modo da distinguersi come singoli individui.
La minaccia del manicomio non è ristretta al mascheramento delle persone sane di mente, che si spacciano per folli per non dover sottostare agli ordini dei criminali; anche una cella vuota e con la porta aperta è un pericolo, perché significa che un pazzo violento a cui era riservata una detenzione forzata può vagare liberamente per i corridoi. All'enigma del "chi è chi" si aggiunge quindi un ulteriore elemento di angoscia, per cui i tre malviventi si aspettano un pericolo che potenzialmente gli può piombare addosso da ogni direzione.
L'ombra della follia e il barricamento privo di speranza creano un'atmosfera suggestiva, rafforzata da un ritmo avvincente che mette in scena una spaventosa stasi puntellata da efficaci colpi di scena. Molti particolari e sfumature colorano un cast numeroso,il quale però avrebbe di certo goduto di qualche pagina in più per permettersi una caratterizzazione più approfondita.

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