Funny Woman (prima stagione), la recensione

Fresca trasposizione di un romanzo di Hornby, la prima stagione di Funny Woman brilla grazie alla spumeggiante prova di Gemma Arterton

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La nostra recensione della prima stagione di Funny Woman, disponibile su Sky e Now.

Ma quant'è brava Gemma Arterton, ma quant'è simpatica Gemma Arterton! Ci voleva Funny Woman, adattamento targato Sky del romanzo Funny Girl di Nick Hornby, per mettere in luce le capacità attoriali dell'interprete britannica. Non che i pregi di questa prima stagione si fermino alle doti della sua protagonista; la trasposizione, firmata dallo stesso Hornby e da Morwenna Banks, è uno spassoso turbine che racconta gli anni '60 filtrandoli attraverso una lente contemporanea.

La storia è semplice: la bella Barbara Parker (Arterton) viene eletta reginetta di bellezza in quel di Blackpool, nel nord dell'Inghilterra. La ragazza però non si accontenta di essere apprezzata per le sue qualità estetiche, e molla padre (David Threlfall) e fidanzato per trasferirsi a Londra, inseguendo il sogno di diventare attrice comica. Divisa tra la lavanderia dove osserva incantata la messa in onda di The Lucy Show e un lavoro come commessa, Barbara cerca l'occasione giusta per far sentire la sua voce e dimostrare di essere funny, oltre che bellissima.

In un mondo di luci

Già dalla premessa, alcuni potrebbero ravvisare in Funny Woman echi di un'altra serie incentrata sull'autoaffermazione nel campo dello spettacolo; e, in effetti, il debito di questa stagione nei confronti di La fantastica signora Maiselnon è neanche troppo celato. Tuttavia, Funny Woman conserva una propria identità fresca e frizzante. Cavalcando l'onda del dibattito su inclusività e rappresentazione, offre un ventaglio di personaggi sfaccettati e diversificati, gravati dal peso di un'era che non sa e non vuole riconoscerli.

La modernizzazione imposta dal nuovo gusto non affossa in alcun modo la credibilità del prodotto finale, che ben mette in luce le limitazioni di un tempo volto a castrare il diverso in ogni sua declinazione; in un contesto simile, per Barbara è essenziale trovare la propria voce e, parallelamente, identificare in quali canali immetterla per consentirle di essere ascoltata. Il baluginio dello show business, in un primo momento, sembra farle perdere la bussola; un disorientamento fuori dal tempo, sempre attuale, che caratterizza l'esordio di tanti talenti, inebriati dal sogno della fama e messi di fronte a un percorso costellato di ostacoli e insidie.

Sentirsi nessuno

Se il problema di Barbara è quello di essere riconosciuta al di là della propria estetica, il dilemma dello sceneggiatore Dennis (Arsher Ali) è di poter raccontare una storia diversa, lontana dalla semplicistica approssimazione che il mondo della sit-com concede. Evidenziare la fragilità del maschio alfa, le crepe dell'istituzione matrimoniale tradizionalmente intesa, significa scontrarsi col gusto di una società non sempre disposta ad accettare le proprie falle. In questo senso, anche Dennis - come Barbara - fatica a far sentire la propria voce; parallelismo alla base del legame instauratosi tra i due, contrapposto alla superficialità del rapporto della ragazza con il partner di scena, Clive (Tom Bateman).

Eppure, anche su quest'ultimo Funny Woman riesce a fare un lavoro di caratterizzazione raffinato e mai scontato. Clive sente la terra tremare con l'ingresso di Barbara nella sua vita lavorativa, e s'illude di mantenere il controllo avviando con lei una relazione fallace e inconsistente. Non c'è perfida premeditazione in ciò, ma il disperato tentativo di conservare un'identità nel rutilante e caduce mondo dello spettacolo.

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