Fuck you prof, la recensione

Schizofrenico e indeciso su cosa essere Fuck you prof alla fine sceglie il lato oscuro e cede alla parte peggiore di sè dimenticando nel trailer tutto ciò che di buono aveva da mostrare

Critico e giornalista cinematografico


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Ci sono momenti in cui Fuck You Prof sembra essere stato diretto da due gemelli, uno buono e uno cattivo, che si sono assegnati le diverse scene. In certi punti azzecca il tono, centra la recitazione e mette a segno gag godibilissime, in altri martoria se stesso con una colonna sonora da fiction a bassissimo costo e bassa professionalità della tv tedesca (del resto il film è tedesco), si suicida con gag che sembrano fuori tono per la sua stessa storia. Se la fotografia a doppia dominante di Cristof Wahl (lo stessa usata da Vladan Radovich di Tutti i santi giorni e Smetto quando voglio) dà un andamento subito piacevole e inconsueto al film, la maniera in cui alcuni attori interpretano il loro ruolo è da scuola media.Schizofrenico come pochi altri film si sono visti quest'anno, l'opera dell'autore turco-tedesco Bora Dagtekin alla fine è inqualificabile

Raramente arrivano nel nostro paese commedie tedesche e Fuck you prof, dotato di un trailer nettamente migliore del risultato finale, sembrava avere le carte in regola. La trama è tanto basilare quanto promettente (se interpretata a dovere): un galeotto appena uscito di galera deve recuperare il bottino dell'ultimo colpo ma il luogo in cui è seppellito è ora occupato da un edificio scolastico. Per avere il tempo di scavare si fingerà professore trovandosi a contatto con la classe peggiore dell'istituto.

L'idea di avere un avanzo di galera che malmena studenti fastidiosissimi, più intrattabile, scostante e arrogante di loro, è di per sè ottima, anche se poi è evidente che tutta la cattiveria lentamente si trasformerà in terribile gentilezza, che tutta la devianza dalle regole del politicamente corretta sarà fatta rientrare entro la fine del film nelle fila della buona convivenza. Il problema è che Fuck you prof a tratti non fa nemmeno quello.

Schizofrenico come pochi altri film si sono visti quest'anno, l'opera dell'autore turco-tedesco Bora Dagtekin alla fine è inqualificabile. Illude lo spettatore, lo attira e gli fa sperare lo svolgimento migliore per tradirne costantemente le aspettative. Flirta con il cinema più serio ma poi si sposa con quello svogliato e cretino che immagina il pubblico come composto da un branco di scemi da condurre per mano ovunque, senza un briciolo di voglia di credere nelle loro capacità interpretative (e non stiamo parlando nemmeno di un sofisticato dramma!). Se non fosse per una fattura decisamente superiore alla media sarebbe un prodotto rubato a piene mani dalla sua più logica destinazione televisiva: il palinsesto pomeridiano.

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