Frost/Nixon

Dopo le dimissioni da presidente per il Watergate, Richard Nixon si fa intervistare da uno strano presentatore inglese. Una parte centrale un po' debole, ma comunque un film notevole, con un ottimo Frank Langella...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloFrost/NixonRegiaRon Howard CastMichael Sheen, Frank Langella, Kevin Bacon, Sam Rockwell, Oliver Platt, Rebecca Hall
Uscita6 febbraio 2009La scheda del film

Si potrà dire quello che si vuole sul cinema americano contemporaneo (e io ultimamente non sono stato molto benevolo), ma francamente la capacità di trasportare su pellicola qualsiasi cosa (e magari con buoni risultati, altrimenti siamo bravi tutti) ha dell'incredibile. Pensate a un film italiano che verte su una serie di interviste: ce la fate? O state già dormendo? Bene, Frost/Nixon è proprio questo e non c'è assolutamente da aver paura, perché per quasi due ore vi terrà inchiodati alla poltrona, a parte qualche sporadica caduta, in un film ovviamente da vedere (se possibile) in originale.

La storia, in effetti, è assolutamente interessante, ma non sembra urlare la parola 'cinema'. Intanto, un personaggio come Richard Nixon, già portato sul grande schermo con risultati contrastanti da Oliver Stone e che non risulta propriamente l'eroe classico che vediamo normalmente in sala, considerando il fatto di aver mentito alla nazione, di aver intralciato il corso della giustizia e di essersi dovuto dimettere dalla carica di Presidente degli Stati Uniti nel 1974, prima e unica volta che questo è avvenuto nella Storia. Dall'altra parte, una sorta di presentatore-dandy più che un giornalista, David Frost, che tutti consideravano assolutamente inadeguato al compito di catturare la verità da parte di 'Tricky Dick'.

Ma, va detto subito, ad accompagnarci sono due attori in stato di grazia. Frank Langella è al momento tra i favoriti per l'Oscar come miglior attore protagonista, grazie a un'interpretazione assolutamente sorprendente. Se all'inizio sembra un po' manieristico, cresce con il passare del tempo, fino ad arrivare a due scene sensazionali: una telefonata che è una confessione notevole di tutto quello che passa dentro il cervello di Nixon (oltre che un'analisi importante della sua vita e delle sue scelte) e ovviamente l'ultima, fondamentale sessione di interviste. Non è importante sapere se Langella rende Nixon un personaggio simpatico o meno, ma il fatto di provare qualcosa di forte per un uomo considerato (forse eccessivamente, d'altronde almeno lui non si è comprato le elezioni come accusa di aver fatto a Kennedy) il simbolo della peggior politica.

In tutto questo, sarebbe stato facile lasciarsi sopraffare da un attore come Langella e rimanere nell'ombra. Invece Michael Sheen (che ormai sta diventando esperto di politica, dopo aver interpretato per ben due volte Tony Blair) crea un personaggio complesso, col quale sembra difficile potersi identificare all'inizio, ma che poi cresce e matura notevolmente (anche se, francamente, la sua evoluzione a livello di sceneggiatura sembra un po' troppo forzata). E alla fine, quando sembra quasi spaventato da Nixon (o dai suoi fallimenti, che teme lo possano contagiare?), fa veramente impressione. La cosa bizzarra è che agli Oscar probabilmente dovrà puntare alla categoria non protagonista, nonostante il film sia raccontato sostanzialmente dal suo punto di vista.
Ovvio che non mancano anche importanti e notevoli ruoli di supporto. Se Oliver Platt ha il momento più divertente (una fantastica imitazione di Nixon), è Kevin Bacon che emerge nettamente, in ruolo che rischia spesso lo stereotipo, ma che l'attore incarna in maniera molto convincente.

Peccato che il film, dopo una fase preparatoria avvincente (se pensavate che fosse difficile rendere cinematograficamente interessanti delle interviste, che dite della preparazione?), abbia una ventina di minuti nel secondo atto decisamente non all'altezza e che coincidono con l'inizio delle sessioni di interviste. Nulla di drammatico, ma decisamente una caduta che è normale rimpiangere. Per il resto, va dato atto a Ron Howard di aver diretto un film assolutamente non facile, che alterna bei momenti brevi da falso documentario (unico dubbio: visto che i personaggi parlano evidentemente molti anni dopo i fatti rappresentati dalla pellicola, perché mantengono lo stesso aspetto?) alla ricostruzione storica da pellicola tradizionale. A dire il vero, non sembra neanche un film dell'ultimo Ron Howard per la misura e la maturità dimostrate. Speriamo che la scia positiva prosegua anche con Angeli e demoni...  

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