Fringe: la recensione della prima parte della quinta stagione
Il commento alla prima parte dell'ultima stagione dello show...
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Doubt, Faith, Wound, Anger, Trust: il misterioso alfabeto dei glifi e i termini da questo composti (per cinque stagioni, una delle principali chiavi di lettura di ogni singolo episodio di Fringe) abbandonano per quest'ultimo anno concetti più "concreti" per restituirci invece delle sensazioni molto forti. Dopo il primo, promettente, episodio, Fringe ha continuato, settimana dopo settimana, a costruire una storyline sempre più convincente e adesso, giunti al giro di boa del quinto e ultimo anno dello show, possiamo ammirare il tragitto percorso con la consapevolezza di trovarci di fronte alla migliore stagione vista finora.
Alla base del completo distacco dell'ultima stagione rispetto a quanto visto finora anche l'assoluto ribaltamento della filosofia alla base della serie: non più la Fringe science come elemento scatenante della narrazione e i nostri protagonisti come spettatori quasi passivi e costretti a subire una storia che affonda le sue radici fino al 1985, ma la stessa scienza di confine che, quasi a voler chiudere idealmente il cerchio e "ripagare" quanto causato, viene ora sfruttata da chi, negli anni e a costo di grandi sacrifici, si è guadagnato il diritto di utilizzarla per combattere un male superiore.
Sorprendente a questo proposito come la stessa Etta, perfettamente interpretata e caratterizzata, si sia alla fine rivelata anch'essa come uno strumento di crescita, una tappa fondamentale nel percorso che in poche puntate ci porterà allo scontro finale tra Peter e Windmark. Il primo sembra avere rinunciato ormai, letteralmente, alla propria umanità, mettendosi al servizio di un ideale di vendetta e distruzione che potrebbe finire per divorare lui stesso. Finora Joshua Jackson era stato l'unico, nel trio principale, a non doversi cimentare con un'interpretazione "diversa" del proprio personaggio, finendo inevitabilmente per essere oscurato dal talento eccezionale di Anna Torv e John Noble. Fatta eccezione per un eccessivo adagiarsi sulla mitologia di Matrix (anche con un combattimento non esattamente memorabile), la prova attoriale è stata ampiamente superata.
Sulle note di The man who sold the world di David Bowie (non è la prima "apparizione" nello show del cantante, il cui vero nome è David Robert Jones) Fringe si congeda dagli spettatori fino al prossimo 7 dicembre. Sarà una lunga attesa...