Frances Ha, la recensione

Uno dei film che più hanno fatto parlare di sè nel 2012 arriva finalmente anche da noi. Il cinema indipendente come dovrebbe essere sempre

Critico e giornalista cinematografico


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Ci ha messo 2 anni Frances Ha ad arrivare nelle sale italiane, un biennio in cui ha viaggiato in tutto il mondo (con un breve passaggio al Festival di Torino dell'anno scorso), portando la propria protagonista ad un nuovo livello nella sua carriera e dimostrando che Noah Baumbach non è morto.

Si tratta di un progetto personale a budget molto basso, il cui unico difetto reale e di ricoprirsi di un manto di hipsteria non necessaria (la fotografia in bianco e nero, l'uso delle musiche composte da Delrue per film della Nouvelle Vague) e il cui pregio sta nel non cercare mai per il suo personaggio protagonista quel misto di adorabile marginalità che è la maniera peggiore in cui il cinema indipendente americano "compra" i propri spettatori. L'effetto Little Miss Sunshine, per il quale si è portati ad empatizzare con adorabili perdenti dal cuore grande, esseri umani anticonvenzionali in superficie ma molto convenzionali in profondità, è totalmente evitato. Frances è l'esatto contrario.

27enne senza la minima intenzione di passare al livello successivo di vita (cercare una relazione stabile, cercare un lavoro magari non ideale ma che le consenta di guadagnare a sufficienza, mettere su famiglia...), vive con una coinquilina che presto la lascerà per fare tutto quel che lei non vuole e rimarrà da sola a cercare di prendersi cura di se stessa.

Gran parte del fascino del film sta nella maniera in cui Baumbach e Gerwig (che interpreta magistralmente ma ha anche sceneggiato il film) rendono le peregrinazioni di Frances, il suo muoversi moltissimo (ci sono diversi viaggi e moltissime corse per la città) senza giungere da nessuna parte. Frances è tutta agitarsi e poca sostanza, gesticola ma non dice nulla. E la sua croce è quel che rende il film interessante.

Frances Ha è una piccola ode alle difficoltà di vivere per chi è troppo coerente, molto testardo e anche un po' socialmente inetto, girata con una sensibilità che costituisce il suo segreto. Senza voler troppo bene alla protagonista il film ha il pregio di sapere quali momenti della sua vita inserire nel racconto, è conscio che un inciampo o una caduta (non metaforiche ma reali) possa essere più rilevante di una svolta clamorosa, sa che indugiare su un inutile viaggio a Parigi racconta bene quel che anima questo personaggio peculiare.

Frances è un essere umano come se ne incontrano di continuo senza riuscire ad inquadrarli bene, una ragazza che cerca una vita che non trova, che sa poco su quel che vuole ma è conscia di quel che non vuole, determinata a non essere come gli altri e, non rassegnata a non aver raggiunto i propri sogni, non smette di seguirli nonostante l'età. Una persona poco "sociale" che rifiuta di sottomettersi alle regole della società in cui vive. Ecco perchè Baumbach non asseconda i gusti del pubblico e perchè Greta Gerwig si dimostra una grande attrice.

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