Forever Young, la recensione

Commedia non commedia, che relega le risate in un personaggio solo, Forever Young mescola male messa in scena colorata e personaggi sciapi

Critico e giornalista cinematografico


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Dopo un paio di film di successo minore rispetto a quanto fosse abituato, Fausto Brizzi torna a lavorare su un concept commercialmente sapido. Forever Young fin da subito spiega a tutti come sia diretto ad un target ben preciso come ne metta in scena i problemi generazionali e come sia intenzionato a parlare di una cosa sola e bene. In realtà poi il film ha un cast ampio e affronta la mania di rimanere sempre giovani sia in un 40enne che in un 50enne che in un 70enne. Lo stesso, il film sembra avere più senso quando mette queste persone a confronto con i giovani veri, mostrando senza sottolinearlo ma con una certa grazia e qualche accenno che i veri difettosi sono i secondi.

Il vero problema di Forever Young semmai è che, come moltissima commedia italiana recente (almeno da quando non facciamo che produrre commedie), sceglie di non far ridere. Non è una questione di aver sbagliato le gag ma proprio di non averle previste. Forever Young non fa ridere perché non vuole far ridere, ed è evidente specialmente in quei pochi e sparuti momenti in cui invece lo humor è presente. Sembra che Brizzi abbia concentrato nel personaggio di Lillo tutta la parte effettivamente comica e poi lasciato al resto un tono agrodolce che ha il potere di sbiadire ogni storia. Il comico è serio, è un tono che riesce a dire molto e con molta forza, invece quella via di mezzo che non prende in giro realmente, non mette in ridicolo davvero ma nemmeno è seriamente drammatica non dice niente.

Sembra più che altro che così come gira i film Brizzi, personaggi vicini alla realtà non funzionino. Bastano infatti 10 minuti in scena di Riccardo Rossi in versione “vicino mammone rompiscatole” per risollevare il film e mostrare cosa manchi.

Nel cinema di Brizzi la messa in scena è sempre la cosa migliore. Scenografia, costumi e fotografia sembrano un reparto solo che lavora per creare un mood unico. Le sue non sono commedie smarmellate in cui viene semplicemente inquadrato chi parla ma lungometraggi con un’idea personale di intrattenimento. La passione per una realtà quanto più prossima al tono colorato dei fumetti spensierati crea film impossibili che però suonano ridicoli quando cercano di essere davvero concreti. Al contrario questo stile crea una base perfetta per i caratteri e l’esagerazione grottesca. Per questo Riccardo Rossi con i capelli schiacciati, il golfino e la parlata da mammone è perfettamente riuscito e non pietoso, perché lui con i suoi 10 minuti in scena si integra meglio di tutti nel mondo dipinto da Forever Young per cinismo, umorismo e tenerezza.

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