For All Mankind (quarta stagione): la recensione
La quarta stagione di For All Mankind non si discosta dall'ottimo livello qualitativo delle precedenti. Una serie semplicemente imperdibile
La recensione della quarta stagione di For All Mankind, disponibile su Apple TV+
Siamo ormai giunti alla quarta stagione di For All Mankind, focalizzata sull’inizio degli anni Duemila. Marte ormai è una meta alla portata di tutti, siano essi governi o aziende private. La Luna è soltanto un lontano ricordo e le grandi potenze ora cercano il profitto nei minerali disponibili sul Pianeta Rosso e sugli asteroidi che popolano lo spazio. Sono cambiate molte cose dalla prima stagione, dove raggiungere il satellite terrestre sembrava una missione impossibile. Nonostante questi cambiamenti, l’essere umano è rimasto però sempre uguale. Con tutti i pregi e i difetti che comporta questa affermazione.
CONSEGUENZE
Come già accennato in apertura, i nuovi dieci episodi disponibili su Apple TV+ sono ambientati nel 2003. Con un brusco salto in avanti non ci viene quindi raccontato cosa sia accaduto su Marte a coloro che decisero di rimanere sul pianeta per permettere a Kelly Baldwin di partorire. Troviamo infatti Ed a bordo di un’astronave con lo scopo di condurre un asteroide nell’orbita del Pianeta Rosso per poterne sfruttare le risorse minerarie. Danielle Poole, invece, è ormai in pensione, ma non ha dimenticato il suo periodo nello spazio. Margo è sopravvissuta all’attentato terroristico alla NASA e ora vive in Russia, cercando di trovare il proprio posto in questo nuovo mondo. In mezzo a tutte queste facce familiari troviamo Miles Dale, padre di famiglia alla ricerca di un lavoro e disposto a fare qualsiasi cosa per non incrinare ulteriormente il proprio matrimonio.
Ognuno di questi personaggi ha una direzione diversa, sino a quando un terribile incidente spingerà i loro destini a incrociarsi.
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Ovviamente evitiamo di entrare nel dettaglio per non rovinarvi uno show basato interamente proprio sulla sceneggiatura e sui molteplici colpi di scena. Questa quarta stagione, infatti, è un costante turbinio di emozioni, in grado di farci provare rabbia, commozione e adrenalina con estrema naturalezza. Impossibile, infatti, non emozionarsi di fronte ad alcune sequenze. Merito di una scrittura focalizzata sui personaggi pensata per farci empatizzare con ognuno di essi. Personaggi ai quali abbiamo imparato a voler bene e che sentiamo ormai vicini come fossero vecchi amici. Una sensazione che difficilmente abbiamo provato in altre serie TV e causata dai diversi salti temporali fatti dalla storia.
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Moltissime delle sottotrame avviate nelle stagioni precedenti trovano qui finalmente compimento, mostrandoci le conseguenze di alcune scelte compiute in passato. Allo stesso tempo, però, l’ultima puntata apre al futuro della serie, anticipando un nuovo cambio di ambientazione e possibili nuove tematiche. Come ogni anno, a questo punto, non possiamo che rimanere in trepidante attesa della nuova tranche di episodi.
LO SPAZIO COME CONTESTO
Mai come questa volta, però, lo spazio non è più la meta, ma il mezzo. For All Mankind non ha mai voluto essere una serie “scientifica”, bensì focalizzarsi sulla psicologia dell’essere umano, con tutto ciò che ne consegue. Nel corso delle dieci puntate di questa nuova stagione, infatti, vengono trattati argomenti scottanti come il rimorso, le libertà individuali, il desiderio di sopravvivere e la malattia. Tutte tematiche che vengono condite dal contesto spaziale e che, in questo modo, vengono elevate alla potenza. La bravura degli sceneggiatori, infatti, sta nel riuscire a raccontare una storia su più livelli. Da un lato la trama principale, dall’altro i dubbi e le paure dell’uomo. Un lavoro di rara maestria, che ci ha convinti dalla prima all’ultima puntata.
UN CAST IMPECCABILE
Per quanto la forza di For All Mankind sia senza dubbio da ricercare nella sua scrittura, è innegabile che essa sia valorizzata dalle grandi doti recitative di tutto il cast di attori coinvolti. Joel Kinnaman si dimostra in grado di dare vita a un Edward Baldwin mai così umano. L’attore svedese appare quasi del tutto irriconoscibile in questa nuova stagione, portando in scena un personaggio vecchio e stanco. Un personaggio opposto a quello visto nelle scorse puntate. Al suo fianco un team ormai consolidato, tra i quali spiccano sicuramente Kris Marshall (Danielle Poole) e Coral Peña (Aleida Rosales).
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Ci teniamo però a elogiare anche il lavoro svolto dai nuovi volti. Dopo Servant, Toby Kebbell si conferma un attore strepitoso, interpretando un Miles Dale umano e arrivista. Impossibile poi non voler bene a Daniel Stern, che in molti ricorderanno per aver interpretato il ladro Marv in “Mamma, ho perso l’aereo e che troviamo qui nei panni del nuovo direttore della NASA Eli Hobson. Insomma: For All Mankind si conferma un nido di buone idee, ottima scrittura e un cast convincente. Uno di quei rari casi dove, alla fine, tutto funziona nel modo migliore possibile.
PER TUTTA L’UMANITÀ
La quarta stagione di For All Mankind continua spedita sulla scia delle precedenti. Siamo di fronte a una serie in costante evoluzione, ma che mantiene un punto fisso: la qualità. Ormai ci siamo quasi stancati di dirlo, ma lo faremo un’ultima volta: non sottovalutate Apple TV+, una piattaforma che show dopo show si conferma la migliore a livello qualitativo sul mercato. For All Mankind si affianca infatti a Scissione, Ted Lasso, Monarch: Legacy of Monsters, The Morning Show e Mythic Quest, solo per citare alcune ottime serie. Un roster di produzioni imperdibili, che vi invitiamo a recuperare il prima possibile.
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