Fondazione 2x09, "Molto tempo fa, non troppo lontano": la recensione
Alla vigilia del finale di stagione, Fondazione dà vita a un episodio commovente e spettacolare, tra i più riusciti del suo percorso
La nostra recensione di Molto tempo fa, non troppo lontano, nono episodio della seconda stagione di Fondazione disponibile su Apple TV+
Il racconto dell'ancella
Il brillante incipit dell'episodio approfondisce le origini di Demerzel (Laura Birn), relitto robotico di un'era in cui la Terra era più di un semplice mito. Trasportando gli spettatori nel passato, Fondazione li rende testimoni della nascita di una relazione che modellerà il destino di un impero: quella tra l'innocente Cleon I e l'enigmatica prigioniera Demerzel. La giustapposizione tra evoluzione organica e resistenza meccanica rende l'aria della cella densa di storia, mistero ed emozione pura. Con il suo tessuto di esperienze lungo 18.000 anni, Demerzel rappresenta sia il faro che la maledizione della tecnologia; le storie che racconta al giovane Cleon I sono parabole inquietanti di manipolazione, desiderio, potere e tossica brama di immortalità.
Solo uno tra tanti
Mentre il fantasma di Cleon I continua a tirare le fila del suo retaggio genetico, altrove il fantasma di Hari Seldon (Jared Harris) parla volumi attraverso le sue previsioni psicostoriche. Entrambi sono, in sostanza, tentativi di controllare il futuro, ma mentre uno è radicato nell'ego, l'altro cerca il bene comune. Eppure, in mezzo a queste figure imponenti, sono le fragilità e le debolezze dell'attuale Cleon (Lee Pace) a rendere la visione davvero avvincente.
Il suo confronto con Seldon è una lezione magistrale di caratterizzazione: l'uno, clone alla disperata ricerca di un modo per distinguersi; l'altro, matematico la cui fede nei numeri è incrollabile. Il loro scambio, in particolare il rifiuto di Seldon delle affermazioni dell'imperatore, rafforza il tema ricorrente dello spettacolo: che il vero potere non risiede nell'ereditarietà, ma nella comprensione.
Danza di morte
Nel mezzo di un episodio già avvincente, Molto tempo fa, non troppo lontano raggiunge un altro traguardo grazie a una battaglia spaziale coreografata in modo mozzafiato, una novità per Fondazione. La scena, un balletto abbagliante di navi che zigzagano nel vuoto, esemplifica la fusione impeccabile di narrazione ed effetti speciali per cui la serie ha guadagnato il plauso del mondo. I design delle astronavi mostrano una sapiente combinazione di estetica d'avanguardia e fascino senza tempo delle classiche space opera. La loro danza sopra Terminus non è solo uno spettacolo visivo ma un preludio commovente alla tragedia che sta per abbattersi.
Ciò che veramente si distingue in questa danza celestiale di distruzione è l'apparentemente bizzarro uso da parte della Fondazione di droni infusi con tessuto cerebrale. È una svolta sorprendente, inaspettata, ma assolutamente affascinante. I creatori della serie continuano a percorrere territori inesplorati, producendo una miscela di orrore e meraviglia che è al tempo stesso grottesca e folgorante. Ci sfida nelle nostre preconcezioni, costringendoci a ripensare i confini tra uomo e macchina.
Un dolente addio
La catastrofe culminante, con l'Invictus che si schianta su Terminus, è nient'altro che pura poesia cinematografica. La grandiosità visiva della scena è pari solo alla sua gravitas emotiva, e la lacrima di Demerzel - un'entità apparentemente scevra da sentimenti umani - accenna sottilmente a un cambiamento sismico nella narrazione a venire. In una galassia brulicante di vita, il destino dei civili - in particolare Poly (Kulvinder Ghir) e Glawen (Dino Fetscher) - forma un indimenticabile affresco di disperazione. I loro ultimi momenti, messi in contrasto con lo sfondo della distruzione, servono come un duro monito della natura implacabile dei conflitti cosmici.
Mentre la polvere e i detriti si depositano, il silenzio assordante risuona, echeggiando la fragilità della vita nella vastità dell'universo. Dal canto suo, Ben Daniels impregna Bel Riose di una profondità e un dinamismo stupefacenti. L'intenso addio tra Riose e Glawen è un'elegia struggente che ben incapsula il dilemma ricorrente della serie tra bene individuale e collettivo. E Daniels, con la sua presenza magnetica, assicura che ogni battuta pronunciata risuoni con convinzione, lasciando il segno in un episodio già pieno di momenti memorabili.
Lontano dal canone
All'altro capo dello spettro, il palcoscenico petroso di Ignis offre una rivelazione avvincente. Il salvataggio di Gaal (Lou Llobell) e Salvor (Leah Harvey) da parte di un Hari Seldon apparentemente resuscitato aggiunge un altro colpo di scena alla storia. La sua brutale eliminazione di Tellem (Rachel House) è sia scioccante che emblematica della natura imprevedibile di questa vasta saga spaziale. Dopo alcuni episodi dal ritmo alterno, con questa puntata Fondazione sfida le aspettative, alzando la posta in gioco e sorprendendo il pubblico con una coerenza visiva e narrativa impressionante.
Molto tempo fa, non troppo lontano è avvincente, delle montagne russe di emozioni, dai picchi delle battaglie interstellari ai tragici abissi delle perdite umane. È una testimonianza dell'impegno della serie nello spingere i confini sempre più avanti, offrendo non solo una storia avvincente, ma un ricco arazzo di personaggi, conflitti e meraviglie cosmiche. Sebbene l'episodio si discosti audacemente dal canone di Asimov, rimane radicato nello spirito del materiale originale, esemplificando la complessa danza tra determinismo e libero arbitrio. È un'odissea di origini, nonché un inno a un futuro ancora da svelare.