Fondazione 2x05, "I vedenti e i visti": la recensione

Nel quinto episodio della seconda stagione, Fondazione introduce una nuova insidiosa sfida per Hari, ampliando l'universo della serie

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Spoiler Alert

La nostra recensione del quinto episodio della seconda stagione di Fondazione, disponibile su Apple TV+

In un universo dove le costellazioni raccontano storie e le nebulose sussurrano segreti, Fondazione si dispiega come un grande balletto celestiale, e I vedenti e i visti emerge come una vera supernova di brillantezza narrativa. All'interno di questo episodio, sembra che il cosmo stesso proietti ombre che giocano sulla complessa distesa del destino, della memoria e del tempo.

Proprio come Asimov sottolineava, "Nella vita, a differenza degli scacchi, il gioco continua dopo lo scacco matto"; questo episodio suggerisce che, nella grande partita del potere galattico, ci sono mosse ancora non viste e storie ancora non raccontate. Siamo dinanzi a un chiaroscuro di luce e ombra, un rigoglioso affresco dove sfumature di emozione, ambizione e riflessioni esistenziali si fondono armoniosamente.

L'eco della tragedia classica

Lee Pace, Terrence Mann e Cassian Bilton - il trio Cleonico - continuano a infondere linfa vitale alla serie. Le loro interpretazioni non solo catturano la stupefacente complessità dell'auto-clonazione, ma riflettono le profondità dell'introspezione e dell'identità in modi che possono essere descritti solo come poetici. L'intrigo che avvolge i ricordi del primo Cleonte suggerisce verità nascoste, evidenziando non solo la fallibilità della perfezione, ma anche lo straziante tormento della perdita di sé.

In un certo senso, questi Cleonti sono figure tragiche, intrappolate in una danza eterna di identità condivisa e aspirazione individuale. La visione di Asimov secondo cui "l'auto-educazione è [...] l'unico tipo di educazione che esista", risuona come un monito per questi personaggi che, da diversi punti di vista, stanno navigando attraverso un arduo processo di auto-consapevolezza e comprensione.

Di saga in saga

Il conflitto e il dramma non si limitano solo agli imperatori. L'enigmatica relazione di Giorno con Sareth (Ella-Rae Smith), la rivelazione della vera natura di Demerzel (Laura Birn) e il dolente flashback sul turbamento interiore di Raysh (Alfred Enoch) ci ricordano come ogni personaggio sia un universo a sé. Sono entità pulsanti, le cui azioni e decisioni riecheggiano nella sinfonia cosmica che è l'universo di Fondazione.

Vale la pena soffermarsi sul fatto che la natura di androide di Demerzel sia ormai conclamata e si ricolleghi in modo inequivocabile con l'altro grande ciclo di Asimov, quello dei robot. Quale che sia il suo disegno all'interno di Fondazione, Demerzel resta una delle figure più iconiche che la serie ci abbia proposto finora, e il suo accresciuto peso all'interno della narrazione non può che far piacere e suscitare interesse per i suoi futuri passi.

Ombre sul domani

L'incursione dell'episodio nel mondo dei Mentalici, potenti entità psichiche, espande poi gli orizzonti narrativi della serie, introducendoci a un altro strato dell'universo asimoviano. L'incontro di Hari Seldon (Jared Harris) con Tellem Bond (Rachel House), dea autoproclamata, e col suo inquietante voto finale presentano prospettive allettanti per il futuro della serie, delineando un orizzonte gremito di nemici per lo studioso e gli alleati del suo progetto.

Al termine della puntata, si rimane con un retrogusto di malinconia e meraviglia, un elisir di emozione e pensieri. E mentre attraversiamo questa galassia di storie, veniamo costantemente riportati alla saggezza di Asimov: "La vita è piacevole. La morte è pacifica. È la transizione ad essere problematica." Con I vedenti e i visti, Fondazione consolida la sua posizione nell'immensità del firmamento sci-fi televisivo, guidandoci proprio attraverso le più aspre transizioni tra piacere e pace e invitandoci a riflettere, sognare ed emozionarci.

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