Una folle passione, la recensione

Stavolta Susanne Bier non ci gira intorno ma con Una folle passione prende di petto il melodramma classico, quello che afferma il potere socialmente sconvolgente del corpo femminile

Critico e giornalista cinematografico


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Da quando ha cominciato a lavorare in America Susanne Bier ha dato una lieve ma sostanziale sterzata al suo cinema. Quella tendenza al melodramma esibita da molti dei registi danesi passati attraverso il Dogma è diventata una vera missione e in meno di 5 film (di cui uno solo commedia, ma comunque sentimentale) ha dimostrato di poter essere regista classica come poche se ne vedono, di saper interpretare la tradizione hollywoodiana più pura meglio degli americani stessi.

E questo è Una folle passione: pura tradizione hollywoodiana.

Tratto da un romanzo umido di Ron Rash è una storia d'amore folle negli Stati Uniti durante gli anni '30. Lontani dalle città e immersi in una natura panica un uomo e una donna si trovano e si perdono tra cavalli e puma, in un turbine che unisce passione, violenza e figli illegittimi avuti da sguattere come le storie di una volta.
Susanne Bier si muove benissimo perchè dimostra da subito di sapere cosa ha bisogno d'attenzione e cosa conta davvero nel trasporre in immagini questa storia (tipo imbolsire il fisico di Bradley Cooper). Della coppia il personaggio vero è lei, la Serena del titolo originale, affidata a Jennifer Lawrence (attrice fuori da ogni norma non solo per l'età che ha), fiera e altera, emersa da una famiglia di lavoratori e piena di idee e forza di volontà. È con lei che sta la regista anche nei momenti peggiori in cui sarebbe più facile prendere le distanze.

Tra roghi (ce n'era uno anche in un suo film precedente Noi due sconosciuti), brividi della caccia, cavalcate passionali e fughe nella notte Una folle passione intreccia bene sporche storie di soldi e abusi di potere con sporche storie di figli e abusi sentimentali, spacca le mani ad individui pessimi (in quello che è l'incidente meno probabile di sempre) e non ha pietà per nessuno nel giungere al suo scopo: l'esaltazione della passione femminile, origine e fine di ogni cosa, capace di terminare esistenze come di creare vita, capace di rivoltare intere società, introdurre progresso e regresso, il fattore introdotto il quale nulla può più essere come prima. Per questo Jennifer Lawrence è la scelta giusta, perchè il suo corpo è già dirompente, ha cambiato molto del cinema (da quando esiste lei ci sono più film con protagoniste femminili) ed è l'unico capace di rendere in maniera credibile i molti volti che Serena Pemberton assume lungo la storia.

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