Flora and Son, la recensione

Con Flora and Son, Carney porta ancora avanti l’idea della musica come necessità espressiva del singolo, un linguaggio alla portata di tutti (anche i principianti) e che qui, nella forma di una vecchia chitarra acustica, rivoluziona nei modi più belli e inaspettati la vita di un intero nucleo famigliare.

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La recensione di Flora and Son, disponibile su Apple TV+ dal 29 settembre

Che John Carney sia un ottimo autore di film musicali lo avevamo già visto con Once, Tutto può cambiare e Sing Street: quello di Carney è un cinema di buoni sentimenti, apparentemente semplice, ma la cui leggerezza rivela sempre una profondità commovente e dove la musica ha spesso un valore terapeutico, positivo, unificante. Con Flora and Son, Carney porta ancora avanti con quella stessa passione l’idea della musica come necessità espressiva del singolo, un linguaggio alla portata di tutti (anche i principianti) e che qui, nella forma di una vecchia chitarra acustica, rivoluziona nei modi più belli e inaspettati la vita di un intero nucleo famigliare.

Flora (Eve Hewson) è una giovane madre che vive con il figlio adolescente Max (Orén Kinlan) nella periferia di Dublino. Max ha rubato più volte e, per evitargli il carcere, la polizia consiglia a Flora di trovare al figlio un hobby: una chitarra trovata in un cassonetto sembra la soluzione, ma Max non è interessato, preferisce produrre brani di musica elettronica. Nonostante conosca solo la musica da club, Flora decide quindi di cominciare a prendere lei stessa lezioni online di chitarra, con l’idea di riconquistare l’ex compagno musicista (Jack Reynor). La sua motivazione comincia però a cambiare quando con l’insegnante Jeff (Joseph Gordon-Levitt), un musicista fallito che abita a Los Angeles, nasce una particolare intesa: le lezioni si trasformano così, per Flora, in un modo per fare per la prima volta qualcosa per sé stessa, facendola connettere con i suoi bisogni e soprattutto con il figlio.

Flora and Son è un film scritto davvero bene non solo perché riesce a far capire benissimo i conflitti e i problemi dei personaggi senza dialoghi plateali o pietismi di sorta, ma proprio perché porta avanti in modo compiuto lo stesso spunto (cioè il tema del film: come può connetterci la musica?) per personaggi diversi con esiti diversi riunendoli compiutamente nel finale.

L’aspetto davvero originale del film è però il modo inedito che ha di vedere la musica amatoriale al giorno d’oggi. Flora e Max, come tutti noi oggi, hanno infatti un accesso facile e immediato alla musica (la possono fare con GarageBand, imparare con un corso online, condividere e infine promuovere con videoclip girati col cellulare), ma la loro amatorialità musicale non è mai vista in negativo. Questa visione si esplicita perfettamente nel momento in cui Flora, pur non parlando un linguaggio “professionale”, la musica la sente, la fa stare bene, la sua inesperienza non è mai un limite per la comunicazione ma anzi un’occasione per ricordare agli altri il valore profondo di tale “ingenuità”.

Flora and Son è un film semplice ma di grande cuore, capace di riportarci a quell’entusiasmo ingenuo, speciale e unico che è quello per le prime passioni.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Flora and Son? Scrivetelo nei commenti!

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