Flight, la recensione

Morailsmo puro da un grandissimo Zemeckis. Un personaggio immediatamente memorabile, momenti di ottimo cinema e un lento scivolare verso il buonismo...

Critico e giornalista cinematografico


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I disastri aerei non sono più gli stessi dopo Lost, Zemeckis lo sa, e quello che apre Flight è uno dei migliori di sempre, ha tutte le caratteristiche del cinema moderno: preciso, rigoroso, dettagliato, realistico ma con una qualità drammaturgica da grande narratore del fantastico.

Tutto quell'inizio (compresa la parte antecedente il volo) è il momento più potente di Flight ma anche la sua condanna più grande, l'apice che non vuole eguagliare, lo standard che decide di abbattere. Le premesse con le quali viene introdotto il personaggio di Denzel Washington, un rovinato, pilota d'aerei, donnaiolo, cocainomane e alcolista, tuttavia capace di evitare come nessun'altro avrebbe saputo fare il disastro totale, fissano un personaggio di antieroe, poco convenzionale e molto scorretto della miglior specie.

E' una sensazione molto liberatoria, che i grandi vizi, i più soddisfacenti siano abbinati alle grandi qualità. Per questo quando il resto del film con pervicacia indefessa demolisce quest'eroe che non si dà un limite ma eccede in tutto, per ridurlo alla fine a un uomo normale, pentito di ogni vizio, confesso e addirittura colpevole di qualcosa che non ha fatto, assieme ai vizi viene meno anche l'entusiasmo dello spettatore. Con grande abilità e un leggero slittamento di genere Flight vuole fare la cosa giusta e invece che compiacere sceglie di bacchettare.

E' chiaro che questo era l'obiettivo di Zemeckis fin dall'inizio: compiere tutto il percorso, raccontare un uomo da un eccesso ad un altro, riprendere il suo attore, bello, carismatico e libero di comportarsi come vuole facendola comunque franca in modo che sia ammirabile per poi lentamente cambiare la percezione del pubblico e mostrare quanto sia tutto sbagliato. Un film militante.

E' l'operazione più rischiosa in assoluto: convincere il pubblico che aveva torto, che in realtà ciò che ammira non è ammirabile, che ciò che ci piace e ci affascina così tanto, quella spirale di libertà individuale e vizio è sbagliata, che una punizione per comportamenti irresponsabili esiste e il vero eroe è chi accetta di scontarla. Un film audace, un'ineccepibile lezione di catechismo e una deprimente visione cinematografica.

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