Fleishman a pezzi, la recensione

Fleishman a pezzi passa al setaccio crisi intime e personali, assurgendo a capolavoro grazie a una scrittura sempre sagace e toccante

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Spoiler Alert

La nostra recensione della miniserie Fleishman a pezzi, disponibile su Disney+ dal 22 febbraio 2023

La traduzione in italiano dell'originale Fleishman is in trouble potrebbe far storcere il naso; che sia intesa o meno, l'italianizzazione rende forse maggiormente la frammentarietà che è alla base della trasposizione seriale del romanzo di Taffy Brodesser-Akner. Un andirivieni cronologico continuo, un ossessivo rimando al passato per capire il presente, che tormenta non solo gli ex sposi Toby e Rachel Fleishman (sono entrambi "a pezzi", contrariamente a quanto la serie vorrebbe far credere inizialmente), ma tutta la cerchia delle frequentazioni del primo.

Scene da un divorzio

È bene chiarirlo subito: Fleishman a pezzi non è la storia di un matrimonio. Lo capiamo sin da subito: quando si apre il sipario, tra Toby e Rachel il divorzio è già in atto. La rottura è avvenuta dietro le quinte, e le ragioni che hanno portato al naufragio della loro relazione verranno svelate con estrema calma, quando lo spettatore si sarà già fatto guidare dalla brillante scrittura di Brodesser-Akner a detestare la ex moglie del protagonista. Non c'è disonestà misogina in questo: siamo con Toby sin dall'incipit della serie, e Rachel (si) è volutamente tagliata fuori dal quadro che stiamo osservando.

Eppure, Rachel è una presenza costante, sublimata nelle conseguenze nefaste della sua irreperibilità. Mentre seguiamo il disorientato, goffo e subdolamente tenero Toby tentare di barcamenarsi nelle inedite vesti di padre single, stiamo già inconsapevolmente formulando un tacito atto d'accusa nei confronti dell'antica compagna di vita, rintracciando nei frequenti flashback del loro quindicennale matrimonio i semi della sua freddezza calcolatrice.

Chi (ri)trova un amico...

Per dar voce alle antipatie maturate dal pubblico, Brodesser-Akner introduce presto un terzo polo, che scopriamo essere anche voce narrante dell'intera storia: Libby, amica di gioventù del protagonista e silenziosa detrattrice di Rachel ben prima del divorzio da Toby. Come i due ex coniugi, anche lei ha da poco superato la ruvida soglia dei quaranta, e naviga svogliatamente in una quotidianità casalinga per cui ha rinunciato al sogno di scrivere. Al di là di parallelismi che portano a considerarla un parziale self-insert dell'autrice, Libby conquista subito il ruolo di commentatrice sportiva dei falli di Rachel.

La crisi di Toby innesca un meccanismo di impietosa autoanalisi da parte di Libby, tradotto in frecciatine insoddisfatte all'indirizzo del mite marito Adam. Osservando l'amico riprendere - seppur a fatica - le redini della propria vita, la donna identifica con il matrimonio la fine del proprio divenire, la battuta d'arresto delle proprie ambizioni, la rinuncia definitiva alla realizzazione di sé. A caldeggiare questo pensiero c'è anche Seth, compagno d'università di Libby e Toby rimasto scapolo e dedito, per questo, a una vita libera e spensierata ampiamente invidiata da entrambi gli amici "accasati".

Passato e presente

Toby e Libby condividono da subito un tratto caratteriale fondante dei loro personaggi: la tendenza a rintracciare fuori da sé le ragioni del proprio malessere. Incolpando Rachel, Adam o il concetto stesso di matrimonio, essi distolgono lo sguardo dall'elefante nella stanza. Un elefante così spaventoso che persino lo spettatore preferisce ignorare per buona parte della visione, ma con cui dovrà confrontarsi negli ultimi episodi della stagione: il presente. Citazioni continue di aneddoti risalenti alla loro gioventù di universitari, a quel tempo in cui un ventaglio di infinite possibilità si apriva dinnanzi ai loro occhi, si contrappongono alle costrizioni della vita matrimoniale - e genitoriale - di oggi.

È una nostalgia vigliacca, che colpevolizza lo scorrere del tempo per non dover fare i conti con gli inevitabili cambiamenti interiori che ogni essere umano deve fronteggiare, a prescindere dal tipo di scelte che si troverà a fare. Non c'entra Kierkegaard, qui; il dilemma è semplice e, per questo, terrificante. Si può ritrovare - o trovare - la propria identità dopo i quarant'anni, smettendo di trincerarsi dietro comodi rimpianti? Lo si può fare senza demolire, tassello dopo tassello, quanto costruito fino a quel punto? Fleishman a pezzi riserva all'ultima puntata la risposta a questo dolente interrogativo, pur disseminando indizi nel corso di tutta la stagione.

Stato di grazia

La raffinatezza della scrittura di Brodesser-Akner non necessita di forzature letterarie; non c'è macchinoso virtuosismo nei dialoghi tra i protagonisti, solo una lucida caratterizzazione psicologica di rara potenza. Una sceneggiatura maneggiata con classe da tutto il comparto attoriale; Jesse Eisenberg si muove con disinvoltura tra impacciata dolcezza ed egoistiche meschinità, circonfondendo il suo Toby di una luce di santità intermittente tra le cui ombre intravediamo un orgoglio velenoso e autocompiaciuto. Dalla sua, Claire Danes supplisce perfettamente al ristretto minutaggio concesso a Rachel rispetto alla sua controparte; eccelsa nelle stoccate da villain con cui viene inizialmente caratterizzata, commuove nella struggente resa del suo inesorabile crollo psicologico distillato nel corso degli anni.

Se Adam Brody padroneggia a meraviglia il viveur Seth (!), salvandolo di volta in volta dal rischio di una rappresentazione macchiettistica, è però Lizzy Caplan a risplendere con la costanza di una stella fissa. Oltre al compito di raccontare quella di Toby, Libby ha anche una propria storia, che il pubblico intravede negli spiragli della vicenda Fleishman. Un dramma che parte come sfondo, finendo però in primo piano accanto alla crisi coniugale di Toby e Rachel; pur amando il marito Adam e i figli, Libby vive di rimpianti per la vita che avrebbe potuto avere compiendo scelte diverse. La sua incertezza trapela in ogni scena, in lei convivono differenti impulsi e ambizioni, a conferma della caleidoscopica varietà dell'animo umano.

Prospettive ribaltate

Quasi ogni episodio di Fleishman a pezzi si apre con l'immagine della città capovolta; la sensazione di sovvertimento permea tutta la serie, a partire da Toby la cui vita viene messa sottosopra dalla scomparsa di Rachel. Lo seguiamo per sei puntate, mentre tenta di conciliare la sua carriera di medico, i suoi appuntamenti sessuali e la gestione dei due figli; finché, quando ormai la stagione sembrerebbe volgere al termine, Libby incontra casualmente Rachel in un parco. Nell'episodio dedicato alla donna, il nostro punto di vista viene sovvertito, e ci viene offerta una prospettiva del tutto inedita sulle ragioni che hanno portato alla rottura tra i due coniugi.

Si badi: Fleishman a pezzi è una serie troppo onesta per ingannare lo spettatore, e ciò che scopriamo su Rachel arricchisce il quadro senza però invalidare in toto la posizione di Toby. Semplicemente, comprendiamo come prospettive diverse possano coesistere; concetto, peraltro, esplicitato con sagacia nel progetto scolastico che il piccolo Solly, secondogenito di Toby e Rachel, elabora con l'aiuto paterno. A Brodesser-Akner non interessa l'anacronistica linea di demarcazione tra buoni e cattivi; i suoi personaggi sono sfaccettati, fallibili, fragili e terrorizzati dal dover evolvere e cambiare anche e soprattutto in quanto adulti.

Verso l'ignoto

A dispetto della rottura con cui si apre, Fleishman a pezzi chiude coraggiosamente con un messaggio quasi antitetico: non occorre far tabula rasa per poter iniziare un nuovo capitolo. A nulla vale rincorrere il ricordo di una spensierata giovinezza, poiché quel tempo è ormai svanito; ciò che non è svanito siamo noi, col nostro bagaglio, le nostre contraddizioni e il nostro nucleo profondo e immutabile, attorno al quale costruire e aggiungere attraverso l'esperienza e la conoscenza di sé.

Solo dopo aver fatto pace con ciò che siamo oggi e con ciò che ci ha portati fin qui, sembra dire Fleishman a pezzi, potremo affrontare quello spaventoso salto nel buio - il Vantablack che ricorre nella serie - che è il futuro. Angosciati, impauriti, ma anche irrazionalmente ottimisti, perché il ventaglio di scelte di ieri non si è mai davvero chiuso; e rispecchiarsi in quell'ottimismo ritrovato è un balsamo dolce a cui nessuno, a questo mondo, dovrebbe rinunciare.

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