Five Nights at Freddy's, la recensione

Non era facile adattare il videogioco Five Nights at Freddy's ma ora sappiamo che cercare di normalizzarlo è stata la scelta peggiore

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Five Nights at Freddy's, il film tratto dall'omonimo videogioco, in uscita in sala il 2 novembre

C’è un momento in Five Nights at Freddy’s in cui tutti i personaggi sanno tutto, quello nel quale i misteri sono stati svelati. Lo sanno loro e lo sappiamo noi chi c’è dentro o cosa c’è dietro i grandi pupazzoni in animatronic che di notte danno la caccia alle persone in questa pizzeria abbandonata. E lì, in quel momento in cui il concetto che regge il film viene svelato e i protagonisti lo accettano, come fosse una cosa in fondo normale, per poi iniziare a relazionarsi con ordinarietà con i robottoni, siamo pienamente nell’assurdo. Non sarà più possibile instaurare nessun meccanismo di paura, perché la credibilità del film è andata via senza poter più tornare.

Il problema di questo attesissimo adattamento del videogioco indipendente del 2014 Five Nights at Freddy’s (ma soprattutto adattamento dei suoi numerosi sequel) è proprio che costruisce una realtà che è assurda anche accettando il suo presupposto di fantasia. Nulla ha senso nelle reazioni dei protagonisti o nei loro atteggiamenti. Il personaggio principale, quello interpretato da Josh Hutcherson, ha un conflitto risibile, una persona da salvare dentro un suo ricordo, cosa che non ha niente a che vedere poi con le effettive minacce del film e che la sceneggiatura farà una fatica incredibile a collegare (male). A questo punto pretendere da Josh Hutcherson che pensi da sé a interpretare un personaggio credibile, al di là della scrittura, lavorando su emozioni reali o un’instabilità concreta, è impensabile, un compito sovradimensionato per le sue capacità.

Visto il caos di riferimenti, toni, aspettative e ambizioni viene da pensare che forse Five Nights at Freddy’s avrebbe funzionato di più come un film sperimentale, cioè rompendo tutte le consuete regole dell’horror, invece di cercare di prendere a martellate i punti ineludibili del franchise fino a fargli seguire gli archi e gli snodi tipici del genere, anche in barba alla logica. È chiaro che Emma Tammi, regista e sceneggiatrice del film, non è all’altezza di un adattamento così difficile. Ha capito bene che il punto di tutto è il potere evocativo dell’immagine di animatronic grossi, rovinati e meschini in un contesto e un’illuminazione che chiamano morte e violenza, ma sembra non conoscere davvero il potere dell’evocazione o saperlo gestire. 

Il risultato è che dopo aver mostrato tutto, spiegato tutto, sviscerato tutto e fatto in modo che immagini e parole non lascino più dubbi, i pupazzoni malvagi sono solo dei pupazzoni e non quel qualcosa di inquietante e inspiegabile che si cela nelle zone d’ombra. Il punto stesso del film viene distrutto come di solito fanno le parodie classiche, sottraendo senso e potenza ai capisaldi di un genere o di un film, ribaltandoli nel loro opposto. Addirittura questo è un film così maldestro da dover urlare fortissimo e mostrare con chiarezza inequivocabile anche la sua ambizione di avere un sequel.

Sei d'accordo con la nostra recensione di Five Nights at Freddy's? Scrivicelo nei commenti dopo aver visto il film, al cinema in anteprima il 31 ottobre e poi dal 2 novembre.

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